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Articoli della Dott.ssa Anna Loretta Spano

Psicoterapeuta a Cagliari: Dott.ssa Anna Loretta Spano

Psicoterapeuta a Cagliari: Dott.ssa Anna Loretta Spano, Esperta Psicologa e Consulente

Introduzione: Nella vivace città di Cagliari, coloro che cercano supporto psicologico di alta qualità possono fare affidamento sulla competenza e l’esperienza della Dott.ssa Anna Loretta Spano. Con anni di pratica e dedizione nel campo della psicologia e della psicoterapia, la Dott.ssa Spano offre un ambiente accogliente e professionale per affrontare una vasta gamma di sfide personali. Scopri di più su come la Dott.ssa Spano può aiutarti a raggiungere il benessere mentale e emotivo che meriti.

Chi è la Dott.ssa Anna Loretta Spano: La Dott.ssa Anna Loretta Spano è una psicologa e psicoterapeuta altamente qualificata con una pratica consolidata a Cagliari. Con una laurea in Psicologia e una formazione avanzata in psicoterapia, la Dott.ssa Spano ha sviluppato una profonda comprensione delle sfide psicologiche che le persone affrontano quotidianamente. La sua passione per il benessere mentale e il suo impegno nell’ascoltare e sostenere i suoi pazienti l’hanno resa una figura rispettata nella comunità di Cagliari.

Servizi Offerti: La Dott.ssa Anna Loretta Spano offre una vasta gamma di servizi psicologici e terapeutici personalizzati per soddisfare le esigenze individuali dei suoi pazienti. Questi includono, ma non si limitano a:

  • Consulenza individuale: Un ambiente sicuro in cui esplorare i pensieri, i sentimenti e le preoccupazioni personali.
  • Terapia di coppia: Aiutare le coppie a comunicare in modo più efficace e affrontare le sfide della relazione.
  • Gestione dell’ansia e dello stress: Sviluppare strategie per affrontare e ridurre l’ansia e lo stress nella vita di tutti i giorni.
  • Supporto per la depressione: Lavorare insieme per affrontare la depressione e sviluppare un atteggiamento mentale positivo.
  • Terapia del trauma: Affrontare eventi traumatici attraverso approcci terapeutici basati sull’evidenza.

Approccio Terapeutico: La Dott.ssa Spano adotta un approccio empatico e centrato sul paziente nella sua pratica. Crede che ogni individuo abbia risorse interne per affrontare le sfide e lavora insieme ai suoi pazienti per sviluppare strategie personalizzate per il cambiamento positivo. La sua formazione eclettica le consente di integrare diverse tecniche terapeutiche, adattandole alle esigenze specifiche di ciascun paziente.

Conclusione: Se stai cercando un psicoterapeuta a Cagliari che ti offra competenza, empatia e un approccio personalizzato per il tuo benessere mentale, la Dott.ssa Anna Loretta Spano è una scelta eccellente. Con la sua vasta esperienza e la sua dedizione alla cura dei pazienti, puoi fidarti della sua guida nella tua ricerca di una vita mentale più sana e appagante. Contatta la Dott.ssa Spano oggi stesso per iniziare il tuo viaggio verso il benessere.

Dott.ssa Anna Loretta Spano

Psicoterapia Umanistica Integrata

Psicoterapia Umanistica Integrata a Cagliari: Dott.ssa Anna Loretta Spano

Introduzione

La psicoterapia umanistica integrata rappresenta un prezioso approccio nel mondo della salute mentale, e a Cagliari trova una competente esperta in questo campo: la Dott.ssa Anna Loretta Spano. Con la sua vasta esperienza e dedizione, la Dott.ssa Spano offre un supporto psicoterapeutico unico e personalizzato che mira al benessere integrale dei suoi pazienti.

Cosa è la Psicoterapia Umanistica Integrata

La psicoterapia umanistica integrata è una modalità terapeutica che mette al centro la persona nel suo insieme. Questo approccio si basa sulla fiducia nel potenziale di crescita e di autorealizzazione di ciascun individuo. La Dott.ssa Anna Loretta Spano, psicologa psicoterapeuta a Cagliari, adotta questa prospettiva per aiutare i suoi pazienti a esplorare le loro emozioni, i pensieri e le sfide in un ambiente accogliente e privo di giudizi.

La Professionalità della Dott.ssa Anna Loretta Spano

La Dott.ssa Anna Loretta Spano è una figura di spicco nel campo della psicoterapia umanistica integrata a Cagliari. Con anni di esperienza nella pratica clinica, la sua competenza si fonde con una profonda empatia e sensibilità verso le esigenze dei pazienti. La sua formazione solida e continua le permette di integrare diverse tecniche terapeutiche per adattarsi alle specifiche necessità di ciascun individuo.

I Benefici della Psicoterapia Umanistica Integrata

Sottoporsi a una psicoterapia umanistica integrata può comportare numerosi vantaggi. Questo tipo di approccio terapeutico non si concentra solo sulla risoluzione dei sintomi, ma mira a migliorare la qualità complessiva della vita di una persona. La Dott.ssa Anna Loretta Spano collabora con i suoi pazienti per costruire una relazione di fiducia, facilitando un’esplorazione profonda e significativa di sé stessi.

Un Ambiente Accogliente a Cagliari

La Dott.ssa Anna Loretta Spano accoglie i suoi pazienti in uno studio rassicurante e confortevole a Cagliari. Questo ambiente è pensato per promuovere un senso di tranquillità e sicurezza, creando lo spazio ideale per l’esplorazione interiore e il cambiamento positivo.

Conclusione

Se stai cercando un sostegno psicoterapeutico che abbracci la tua interezza come individuo, la psicoterapia umanistica integrata potrebbe essere l’opzione giusta per te. A Cagliari, la Dott.ssa Anna Loretta Spano offre la sua competenza e dedizione per aiutarti a intraprendere un viaggio di crescita personale e benessere emotivo. Non esitare a contattarla per iniziare il tuo percorso verso una vita più soddisfacente e appagante.

La Mindfulness nella Psicoterapia

La Mindfulness nella Psicoterapia

La mindfulness, nell’ambito della psicologia clinica, è una tecnica che arricchisce la psicoterapia. L’introduzione della mindfulness nel panorama degli interventi finalizzati alla crescita personale e alla terapia ha permesso di facilitare e potenziare ulteriormente i benefici del trattamento psicoterapeutico e di favorire ancora di più il mantenimento dei risultati e del benessere raggiunto.

Le origini della mindfulness: la tradizione buddista

La dottrina e la pratica meditativa buddista costituiscono probabilmente la tradizione che più di tutte incarna ed esplicita il tema della consapevolezza. Gli insegnamenti buddisti, che vanno sotto il nome di Dharma, indicano i fattori mentali che consentono all’individuo di cogliere l’essenza e la natura di ciascuna esperienza, di purificare i sensi in modo da rilevare “il vero aspetto  di tutti i fenomeni (che) può essere colto solo tra Budda”” (Il Sutra del Loto, cap. Espedienti. scritto tra il I e II sec. D.C). Nel Buddismo Mahayana di Nichiren Daishonin (1222-1282) col termine Budda si fa riferimento alla condizione mentale “illuminata” insita in ogni essere umano. Nella condizione di Buddità  l’attenzione, la consapevolezza, la fiducia,  la compassione, l’aspirazione, la discriminazione,  che permettono di esperire la Felicità Assoluta (Cos’è la Felicità, Daisaku Ikeda. Esperia, 2016) cioè indipendente dalle circostanze transitorie della vita, emergono e prendono il posto dell’oscurità o ignoranza fondamentale responsabili di una visione distorta delle cose, che genera sofferenza.

Mindfulness originariamente traduce il termine sanscrito sati, di grande ampiezza semantica e difficilmente traducibile con una sola parola. Sati è memoria del presente e presenza mentale, è conoscenza di ciò che accade in campo fenomenologico (Bodhi, 2011). Sati, nella tradizione buddista, è una facoltà che occorre coltivare per giungere alla riduzione delle sofferenze umane, che sono considerate connesse ad una percezione erronea di un io individuale permanente. Superare questa illusione tramite la meditazione permette il raggiungimento di un equilibrio emozionale e di un benessere psicologico duraturi.

Per raggiungere tale fine, la tradizione buddista non raccomanda quindi un cambiamento della realtà esterna, quanto piuttosto un mutamento dell’individuo stesso a livello cognitivo ed emotivo, per correggere gli errori che la mente umana commette di frequente quando non sia stata allenata e disciplinata (Gethin, 2001). Il monaco Buddista Nichiren Daishonin afferma: Non pensare mai che qualcuno degli ottantamila sacri insegnamenti di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattva delle tre esistenze e delle dieci direzioni sia al di fuori di te. La pratica degli insegnamenti buddisti non ti solleverà affatto dalle sofferenze di nascita e morte a meno che tu non percepisca la vera natura della tua vita (Raccolta degli scritti di N.Daiscionin, Vol.1. Istituto Buddista Italiano Soka). La via è dunque prima di tutto pratica, fondata su una capacità innata, ma coltivata con disciplina giorno dopo giorno, come riportato negli insegnamenti di Buddha (Gnoli, 2001).

L’arrivo della mindfulness in Occidente: il lavoro di Kabat-Zinn

Gran parte delle idee, delle pratiche e degli interventi che oggi vanno sotto il nome di mindfulness sono il frutto di un percorso iniziato con gli studi pionieristici di Jon Kabat-Zinn, un biologo e professore della School of Medicine dell’Università del Massachussets che, a partire dal 1979, ha sviluppato un protocollo per introdurre la meditazione di consapevolezza come intervento in contesti clinici.

Era convinzione di Kabat-Zinn, infatti, che la pratica di meditazione avesse il potere di trasformare in modo duraturo l’esperienza individuale della sofferenza e dello stress, offrendo un’alternativa alle strategie orientate alla risoluzione dei problemi che sono profondamente radicate nella cultura occidentale. L’orizzonte teorico in cui è indispensabile inquadrare le intuizioni e le ricerche di Kabat-Zinn, la messa a punto del programma MBSR e la fondazione della Clinica dello stress è quello della medicina mente-corpo. La relazione tra la mente e il corpo, tra i pensieri e la salute, costituisce una premessa fondamentale per comprendere la natura e lo scopo di questo programma.

Presso la Stress Reduction Clinic [Università del Massachusetts] la Mindfulness fu inizialmente utilizzata per il trattamento del dolore cronico oltre che per la gestione dello stress. Da allora, decine di migliaia di persone hanno beneficiato di questa tecnica meditativa, oggi riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale quale procedura terapeutica efficace per il trattamento di varie problematiche.

La pratica mindfulness  è anche detta meditazione di consapevolezza.

Per consapevolezza mindfulness si intende la capacità di vivere appieno il momento presente, senza essere sviati da pensieri o emozioni sgradevoli e disturbanti, come spesso accade quando si è preoccupati o quando si ha una visione negativa di una situazione. Sviluppare la consapevolezza mindfulness significa indirizzare la propria vita e le proprie energie nella direzione voluta, verso scopi significativi, senza lasciarsi distrarre da elementi di disturbo, come  pensieri negativi ed emozioni sgradevoli. Una delle esperienze maggiormente significative della pratica degli esercizi mindfulness è la constatazione che pensieri ed affetti negativi sono transitori e che riconoscerne la presenza senza giudicarli (e senza giudicarsi), ma semplicemente osservandoli, permette di essere più liberi e di accrescere il senso di benessere. Per usare una metafora che ben illustra le caratteristiche dell’osservazione che caratterizza gli esercizi mindfulness si può fare riferimento all’osservazione delle nuvole nel cielo che, per quanto possano apparire grandi e minacciose, sono passeggere e non ci appesantiscono.

L’efficacia della mindfulness: studi e ricerche

Nel corso degli anni studi sempre più numerosi hanno dimostrato che, quando la mindfulness è inserita in opportuni protocolli di intervento terapeutico, permette di superare condizioni psicologiche difficili e contribuisce ad aumentare l’efficacia del trattamento della depressione e a consolidare i risultati ottenuti con la psicoterapia. 
Inoltre, i risultati delle più recenti ricerche di neuroimaging cerebrale suggeriscono che la pratica mindfulness favorisce cambiamenti dell’attività cerebrale che permettono una migliore integrazione emozionale, che è un importante fattore del benessere psicologico.

 

Psicoterapia e applicazione della mindfulness

La mindfulness fa parte di un ampio ventaglio di tecniche e di procedure utilizzate in psicoterapia e può arricchire efficacemente il trattamento della depressione, delle problematiche d’ansia, tra cui il disturbo da attacchi di panico, il disturbo ossessivo compulsivo, le fobie, lo stress, i disturbi alimentari, i disturbi di personalità, in particolare il disturbo  di personalità borderline.


Perché la mindfulness funziona?

E’ una capacità regolatoria: permette di gestire con efficienza l’attenzione, le emozioni e i pensieri. Questo a sua volta provoca una riduzione dello stress e dell’ansia, un miglioramento dell’umore e la capacità di cambiare alcuni modi automatici di reagire

 

Come cambia il cervello con la mindfulness?

Alcuni studi hanno mostrato che praticando Mindfulness l’amigdala, sede nel nostro cervello della risposta “attacca o fuggi” e delle emozioni di paura e ansia, diminuisce di volume. E non solo: le connessioni funzionali tra amigdala e corteccia pre-frontale si indeboliscono.

 

 

Bibliografia

 

Il Sutra del Loto, cap. Espedienti. scritto tra il I e II sec. D.C

Raccolta degli scritti di N.Daiscionin, Vol.1. Istituto Buddista Italiano Soka)

Cos’è la Felicità, Daisaku Ikeda. Esperia, 2016

Aringolo K., Corelli L., Monaldo I. (2012), Le fiabe per…affrontare la rabbia.Un aiuto per grandi e piccini, Le Comete Franco Angeli, Milano

Aringolo K., Corelli L., Monaldo I. (2011), Le fiabe per…affrontare ansie e paure.Un aiuto per grandi e piccini, Le Comete Franco Angeli, Milano

Amaro A. (2011), Piccola barca, grande montagna, Santacittarama, FrassoSabino.

Baer R. A. (a cura di) (2012), Come funziona la mindfulness, Raffaello Cortina Editore, Milano.

Barillà D. (1992), Educhiamo i nostri figli con creatività, San Paolo Edizioni, Milano.

Benjamin L. S. (2003), Interpersonal reconstructive therapy. Promoting change in nonresponders, Guilford, New York.

 

L’ EMDR

L’ EMDR: LA DESENSIBILIZZAZIONE E RIELABORAZIONE ATTRAVERSO I MOVIMENTI OCULARI

Negli ultimi anni ci sono stati più studi e ricerche scientifiche sull’EMDR che su qualsiasi altro metodo usato per il trattamento del trauma e dei ricordi traumatici. I risultati di questi lavori hanno portato questo metodo terapeutico ad aprire una nuova dimensione nella psicoterapia. L’efficacia dell‘EMDR è stata dimostrata in tutti i tipi di trauma, sia per il Disturbo Post Traumatico da Stress che per i traumi di minore entità . Nel 1995 il Dipartimento di Psicologia Clinica dell’American Psychological Association ha condotto una ricerca per definire il grado di efficacia di questo metodo terapeutico e le conclusioni sono state che l’EMDR è non solo efficace nel trattamento del Disturbo da Stress Post Traumatico ma che ha addirittura l’indice di efficacia più alto per questa categoria diagnostica.

L’EMDR è un approccio complesso ma ben strutturato che può essere integrato nei programmi terapeutici aumentandone l’efficacia. Considera tutti gli aspetti di una esperienza stressante o traumatica, sia quelli cognitivi ed emotivi che quelli comportamentali e neurofisiologici. Questa metodologia utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/inibitorio, provocando così una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali. Si basa su un processo neurofisiologico naturale, legato all’elaborazione accelerata dell’informazione. L’EMDR vede la patologia come informazione immagazzinata in modo non funzionale e si basa sull’ipotesi che c’è una componente fisiologica in ogni disturbo o disagio psicologico. Quando avviene un evento “traumatico” viene disturbato l’equilibrio eccitatorio/inibitorio necessario per l’elaborazione dell’informazione. Si può affermare che questo provochi il “congelamento” dell’informazione nella sua forma ansiogena originale, nello stesso modo in cui è stato vissuto. Questa informazione “congelata” e racchiusa nelle reti neurali non può essere elaborata e quindi continua a provocare patologie come il disturbo da stress post traumatico (PTSD) e altri disturbi psicologici.

I movimenti oculari saccadici e ritmici usati con l’immagine traumatica, con le convinzioni negative ad essa legate e con il disagio emotivo facilitano la rielaborazione dell’informazione fino alla risoluzione dei condizionamenti emotivi. Nella risoluzione adattiva l’esperienza è usata in modo costruttivo dalla persona ed è integrata in uno schema cognitivo ed emotivo positivo.

Le ricerche condotte su vittime di violenze sessuali, di incidenti, di catastrofi naturali, ecc. indicano che il metodo permette una desensibilizzazione rapida nei confronti dei ricordi traumatici e una ristrutturazione cognitiva che porta a una riduzione significativa dei sintomi del paziente (stress emotivo, pensieri invadenti, ansia, flashbacks, incubi). Infatti, questa nuova forma di psicoterapia è stata rivolta inizialmente al trattamento del Disturbo Post Traumatico da Stress, ma attualmente è un metodo ampiamente utilizzato per il trattamento di varie patologie e disturbi psicologici.

L’EMDR è usato fondamentalmente per accedere, neutralizzare e portare a una risoluzione adattiva i ricordi di esperienze traumatiche che stanno alla base di disturbi psicologici attuali del paziente. Queste esperienze traumatiche possono consistere in:

Piccoli/grandi traumi subiti nell’età dello sviluppo

Eventi stressanti nell’ambito delle esperienze comuni (lutto, malattia cronica, perdite finanziarie, conflitti coniugali, cambiamenti)

Eventi stressanti al di fuori dell’esperienza umana consueta quali disastri naturali (terremoti, inondazioni) o disastri provocati dall’uomo (incidenti gravi, torture, violenza).

Di cosa abbiamo bisogno quando subiamo un’esperienza traumatica?

Avere una persona con cui parlare dei propri pensieri e sentimenti.

È importante considerare il fatto di aver bisogno di un aiuto di una persona di fiducia per superare il momento.

Cercare di mantenere la routine quotidiana, per esempio tornare al lavoro al più presto, anche se la capacità lavorativa sarà ridotta perchè ci si stanca facilmente.

Essere consapevoli che, anche se le reazioni e le emozioni sono forti, questo è normale.

Darsi il tempo necessario per riguadagnare le proprie forze.

Le reazioni durante e dopo l’incidente, che in realtà proteggono da un crollo psicologico, sono:

– Senso di irrealtà – Si ha la sensazione di essere dentro a un film, le scene si svolgono come al rallentatore, i sensi sono acutizzati per fare una rapida valutazione dei pericoli presenti nella situazione, cercando delle vie d’uscita o altre soluzioni. Subito dopo l’esperienza traumatica, la realtà quotidiana attorno a noi può sembrare irreale o irrilevante, come se ci trovassimo sotto a una campana di vetro o in mezzo ad un incubo.

-Reazioni fisiche- Sono normali la tachicardia e il senso di nausea. In genere si sente caldo o freddo, oppure paura di stare da soli, bisogno di vicinanza, di un supporto e aiuto concreto

Alcune delle reazioni successive all’evento:

-Pensieri intrusivi – Arrivano involontariamente pensieri, ricordi e immagini di quello che è successo. Compaiono soprattutto in momenti di rilassamento, per es. prima di dormire e si accompagnano di un senso di disagio.

-Problemi di sonno – In genere il sonno è leggero, ci si sveglia spesso, si hanno degli incubi o sogni ricorrenti dell’evento.

-Associazione con altri stimoli – È comune che alcuni stimoli ambientali, persone o situazioni richiamino l’evento in modo involontario. Questo è dovuto al fatto che l’evento viene associato ad altri fattori che provocano un certo malessere o ansia. Ovviamente lo stimolo da solo, se non venisse associato all’evento traumatico, non generebbe alcun disagio.

-Difficoltà di concentrazione – Poca concentrazione in attività quale la lettura, la visione di un film, ecc.

-Reazioni fisiche – Problemi di stomaco, senso di nausea, stanchezza.

-Disperazione – È difficile accettare i fatti attuali e non si riesce a pensare al futuro in modo adeguato.

-Colpa – Si ha senso di colpa ad esempio per essere sopravvissuti quando un’altra persona è morta o ferita gravemente. C’è una tendenza a colpevolizzarsi per non avere fatto a sufficienza. È comune dirsi: “Se io solo avessi……..”

-Vulnerabilità – Paura del futuro oppure impazienza e irritazione con gli altri, sopratutto con i familiari. Indifferenza verso cose che prima dell’incidente erano molto importanti per la persona. Questo a volte crea incomprensione con gli altri da cui scaturiscono ulteriori difficoltà .

-Il significato della vita – Le persone pensano ripetutamente a quello che è successo per cercare di capire l’evento. In alcuni casi i pensieri sulla causa dell’evento e sulla vicinanza della morte e la vita sono molto comuni. Il senso della propria invulnerabilità scompare. Tutto è incerto, soprattutto se e quando può succedere nuovamente.

La durata di queste reazioni è diversa per ogni persona. Per alcuni la situazione si normalizza dopo poche settimane, per altri ci vuole più tempo. Se sono troppo intense e durano per molto tempo è necessario il supporto di uno psicoterapeuta specializzato nel trattamento dei disturbi post traumatici.

Comportamento interpersonale del genitore

Comportamento interpersonale del genitore ed efficacia del processo educativo con gli adolescenti.

Premessa.

A seconda dei messaggi espliciti e impliciti che il genitore invia a livello verbale e non verbale quest’ultimo può offrire o un reale supporto e una facilitazione alla crescita del figlio, o il potenziamento della confusione e del senso di smarrimento nello stesso.

Negli adolescenti che non hanno ricevuto un'adeguata Protezione e adeguati Permessi per affermare sè stessi, da parte delle figure di riferimento (genitori, educatori, persone importanti per il ragazzo), i vissuti negativi se non adeguatamente gestiti, possono compromettere lo sviluppo dell'Autonomia della persona

La mia ipotesi è che la comunicazione tra genitore e figlio possa costituire un occasione di supporto al superamento degli stessi vissuti. Nel presentare la mia tesi farò riferimento da una parte alle teorie e conoscenze psicologiche sull’adolescente, dall’altra all’analisi strutturale del comportamento interpersonale ASCI (L. Smith Benjamin;1979).

Cercherò di integrare questi due aspetti per giungere all’applicazione della stessa analisi all’attività educativa, individuando i comportamenti interpersonali più utili al fine del potenziamento dell’efficacia dell’intervento comunicativo; cercherò di descriverli in modo semplice e chiaro affinché il genitore possa, se vuole, attingervi nella comunicazione con i figli adolescenti.

Infine presenterò alcuni risultati del Monitoraggio dell’attività di Sperimentazione inerente il Progetto CSOA per l’orientamento al quale ho lavorato nel 2003 (POR Sardegna – Misura 3.5. Scheda C). Esse fanno specifico riferimento alle capacità relazionali dell’operatore.

Descrizione della tappa evolutiva dell’adolescente.

L’adolescenza è un periodo del ciclo di vita dall’esordio e dalla durata variabili, caratterizzato da profonde modificazioni biologiche, psicologiche e sociali. Allo sviluppo fisico-sessuale si associano lo sviluppo cognitivo e la ricerca della propria identità sociale in relazione al futuro ruolo di giovane adulto. In riferimento allo sviluppo cognitivo Piaget definisce il pensiero dell’adolescente formale o astratto, in contrapposizione al pensiero infantile concreto: spesso l’adolescente mostra creatività (che esprime attraverso diverse attività: artistiche, artigianali, sportive ecc.), capacità concettuale, orientamento al futuro e progettualità. Secondo Erikson l’adolescente è impegnato nella costruzione della propria i dentità; essa avviene grazie al processo di differenziazione dalle figure di riferimento che lo conduce all’“individuazione” (M.Klein; Menarini; Kohut; Bowlby, Liotti).

La psicologia relazionale sistemica parla di periodo dello “svincolo” in riferimento al periodo adolescenziale, per sottolineare l’aspetto relativo alla separazione dai genitori (Weiss, 1989), sui quali in passato venivano investite la maggior parte di energie affettive e i quali venivano presi come modello nei comportamenti, come riferimento nell’interiorizzazione delle norme e dei valori. A loro si sostituiscono i pari o altre figure adulte, che spesso il ragazzo frequenta al di fuori del contesto familiare. Keepers e Babcock (1986) affermano che questa è la fase in cui la persona sottoscrive e rivede il proprio copione di vita.

L’intellettualismo, l’ascetismo, la scissione, l’identificazione proiettiva sono i meccanismi di difesa maggiormente utilizzati dall’adolescente per difendersi dagli impulsi sessuali e aggressivi (Anna Freud). Mediante i primi due il ragazzo manifesta interesse per le idee, i libri e i grandi ideali; attraverso la scissione egli separa gli oggetti “buoni” da quelli “cattivi” e razie all’identificazione proiettiva egli proietta sui genitori e alcuni adulti la sua aggressività.

Il processo adolescenziale può avere esiti diversi; si può parlare di adolescenza normale quando il ragazzo diviene progressivamente adulto, di adolescenza ritardata quando il giovane mantiene ancora per molti anni le difese dell’età di latenza, di adolescenza prolungata quando egli evita di fare scelte definitive (è il caso degli studenti che studiano sino a circa trent’anni), di adolescenza sacrificata quando è costretto ad entrare nel mondo del lavoro in giovane età, di adolescenza dissociale quando l’adolescente idealizza ciò che la società disapprova, e infine si parla di adolescenza deviante, quando il ragazzo diventa tossicodipendente e/o alcoolista.

Un modello descrittivo del comportamento interpersonale applicabile al rapporto genitori figli.

In ambito clinico alcuni studiosi contemporanei hanno focalizzato l’attenzione sul comportamento interpersonale. Essi partono dal presupposto che una parte preponderante del disagio psichico ha origini nelle relazioni tra le persone, e che quindi una più profonda conoscenza delle modalità relazionali (soprattutto quelle tra genitori e figli) offra l’occasione per gestire in modo efficace i processi relazionali al fine di mantenere e sviluppare il benessere psicologico.

Pensiamo che nel lavorare alla programmazione di interventi capaci di stimolare la crescita della persona, questi presupposti teorici risultino di grande utilità. Si accoglie l’idea che gli elementi cognitivi non solo risentono di quelli emotivi nel determinare la scelta e la presa di decisione da parte del ragazzo, ma che insieme divengono più facilmente noti e gestibili dal soggetto facilitando il processo decisionale stesso, nel qui e ora della relazione. Il rapporto umano viene quindi valorizzato nel riconoscimento della sua potenza durante e per l’intervento educativo. Il modello interpersonale ci consente infatti di rapportarci alla persona nella sua globalità, e di sviluppare le sue risorse agendo come "Proponenti" nella relazione stessa.

Il modello ASCI (Analisi Strutturale del comportamento Interpersonale) elaborato da L. S. Benjamin (1979), serve per analizzare il comportamento che si instaura tra due o più persone quando si relazionano tra di loro mediante la comunicazione verbale e non verbale (P. Scilligo, 1993). Esso è stato messo a punto con lo scopo di sensibilizzare i professionisti del benessere delle persone a fare uso di una metodologia di prevenzione, intervento e sviluppo.

Poiché il nostro obiettivo qui è quello di: a) individuare i comportamenti da promuovere nel genitore durante l’intervento educativo con soggetti adolescenti; b) mostrare la loro utilità nel rendere efficace l’intervento educativo stesso; facciamo riferimento alla psicologia dei rapporti umani (L’Analisi transazionale; 1990), e in particolare ai tre grafici degli Stati dell’Io (Fig.1, 2, 3), per comprendere in che modo il genitore può facilitare l’emancipazione del ragazzo, gestendo le proprie modalità relazionali.

I primi due grafici (Fig. 1; Fig.2) mostrano le descrizioni prototipiche degli Stati dell’Io Relazionali, rispettivamente il "Proponente" e il "Rispondente"; il terzo (Fig.3) gli Stati dell’Io Sé della superficie dell’introietto.

E’ importante sottolineare che "l’introietto corrisponde a quello che la persona interiorizza come risultato del rapporto tra Altro e Sé e riflette i principi di azione relazionale verso se stesso" (P.Scilligo, 1993). In altre parole il concetto fondamentale che guida la mia tesi, è che i comportamenti (descritti nella Fig. 3) sono il "precipitato" della relazione che ha avuto luogo con i diversi Proponenti e Rispondenti della vita quotidiana. Osservando i grafici è possibile riscontrare una corrispondenza topografica tra le tre superfici, che permette di individuare le risposte corrispondenti (Fig. 2) ai comportamenti proposti dal Proponente (Fig. 1) e il risultato sull’Introietto del ragazzo (Fig.3). In riferimento alla relazione genitore " figlio adolescente, ciò significa che il proponente (genitore) determina risposte complementari nel rispondente (ragazzo) che inducono posizioni complementari nell’Introietto del ragazzo stesso.

Per es.il genitore (Fig.1) utilizza il comportamento 141. "Pensa che vado bene cosi come sono, mi accetta cordialmente, mi ama, mi calma, mi accoglie cordialmente."; la risposta del ragazzo (Fig. 2) sarà il comportamento 241. "Affettuosamente godo di stare con lui, accetto il suo aiuto e le sue attenzioni, con fiducia conto su di lui."; questa relazione induce la posizione esistenziale nel ragazzo 341. "Accetto attenzioni e affetto, mi lascio aiutare, godo di persone e situazioni che mi danno soddisfazione". Osservando i tre grafici, rispetto alla possibilità di crescita personale, possiamo dire che i due quadranti della parte destra descrivono comportamenti che favoriscono la crescita, quelli della parte sinistra descrivono comportamenti che al contrario portano al disorientamento.

Nei paragrafi successivi focalizzeremo l’attenzione sui compiti evolutivi dell’adolescente e sui compiti corrispondenti dell’orientatore nel facilitare il raggiungimento degli obiettivi specifici ad ogni compito in modo tale da contestualizzare l’applicazione dell’ASCI.


Fig. 1. Comportamento interpersonale del genitore (Proponente).
Presupposto: Genitori sani crescono figli sani, genitori malati (attaccanti/trascuranti) crescono figli malati (attaccanti/trascuranti).
I quadranti 1 e 4 sono i quadranti della Salute, i quadranti 2 e 3 sono i quadranti della Malattia.


Fig. 2. Il comportamento interpersonale del figlio in risposta a quello del genitore.


Fig. 3. L’Introietto del figlio, ovvero il Modello Operativo Interno del Figlio.(come il figlio si comportera’ con se’ stesso)

Compiti evolutivi dell’adolescente e compiti del genitore per facilitarne la crescita.

Potenziare la fiducia in se stessi

E’ molto frequente che i genitori si trovino di fronte a figli che, confrontandosi via via in modo più intenso con persone e contesti differenti da quelli d’origine, ottengano disconferme dall’ambiente rispetto a caratteristiche personali e a volte a se stessi nella globalità. E’ molto importante che questi messaggi inviategli non siano "rafforzati", perciò risulta un compito educativo importante con l’adolescente quello di spingerlo a scoprire quali sono i suoi reali bisogni oltre che a trovare dei modi diretti per soddisfarli, aiutandolo ad uscire dalla posizione esistenziale "io non sono ok" (Berne, 1998). Nelle fasi precedenti dello sviluppo il ragazzo ha appreso delle abilità; esse sono utilissime perché lo aiutano a prendere iniziative con più sicurezza, a sapere ciò di cui ha bisogno, a distinguersi dagli altri e a valutare la realtà che lo circonda. Attraverso l’uso di queste abilità di base egli può agire costruttivamente per realizzare i suoi desideri; attraverso la guida e il sostegno del genitore può cogliere dove apprendere ad usare, integrare e ristrutturare ciò che ha già fatto. E’ molto importante che il ragazzo viva una profonda fiducia in se stesso, in modo da poter far fronte alle situazioni e aprirsi alle possibilità; sapere che può contare su adulti disponibili ad accogliere molte richieste può risultare di grande aiuto per lui. Occorre ricordare che molti ragazzi dedicano molto tempo a persone estranee al gruppo familiare, ritenute da loro autorevoli, mettendole alla prova per capire quanto ci si può fidare di loro (J.Clarke; 1978). E’ importante dare loro fiducia e ciò si può fare facilmente se si permette loro di affrontare i rischi e se si riconosce il valore della loro intuizione, anche se è necessario offrire strumenti e informazioni su come possono selezionare ciò per cui sono maggiormente motivati e interessati.

Possiamo individuare dei messaggi da inviare per sviluppare la fiducia. E’ importante tenere presente che questi ed altri messaggi possono essere inviati sia a livello verbale sia a livello non verbale, occorre quindi che il genitore abbia una buona consapevolezza di se stesso e dei significati dei messaggi che invia durante la relazione con il figlio. Analizzandoli nel dettaglio possiamo esprimerli con le seguenti frasi:

- "hai il diritto di essere qui "

- "non devi mascherarti per essere accolto"

- "puoi esprimere perplessità e ricevere comunque sostegno";

- "impara a fidarti delle tue intuizioni e di te stesso".

Rinforzare l’Esplorazione

Gli adolescenti si trovano costretti ad esplorare in continuazione se stessi e il mondo, a causa dei rapidi mutamenti fisici ed emotivi che sperimentano, i quali, spesso causano un profondo senso di disorientamento. J. Klarke (1978) sottolinea che la domanda di disponibilità fatta all’adulto da parte del ragazzo è massiccia; questa richiesta, a volte esplicita altre volte implicita, può essere sfruttata dal genitore, soprattutto in relazione al fatto che i ragazzi esplorano, assieme al proprio corpo e alla propria immagine, le proprie risorse. Essi sono particolarmente recettivi ad acquisire dei modi per sviluppare le abilità, facendo nuove esperienze indipendentemente dai propri familiari.

Tali esperienze permetteranno loro di rispondere a quesiti come per es: "cosa farò della mia vita?", che frequentemente essi stessi si pongono, e che, come abbiamo visto, sono legati al rapido sviluppo del pensiero astratto e al fatto che stanno costruendo la propria autonoma identità. Lo sperimentare direttamente agendo sul mondo permetterà loro di utilizzare le capacità legate al pensiero concreto sviluppate nelle fasi precedenti e ormai collaudate.

La padronanza delle competenze acquisite precedentemente permetterà loro di rafforzare il senso d’autoefficacia, necessario per affrontare in futuro situazioni più rischiose (perché meno note).

In relazione al bisogno d’esplorazione è importante che Il genitore invii dei messaggi che lo rispettino e anzi rafforzino questo bisogno, dato che esso si traduce nella motivazione ad agire verso qualcosa, cioè nella forza propulsiva a fare.

I permessi da dare al ragazzo per facilitare lo sviluppo motivazionale sono i seguenti:

- "Puoi essere curioso e intuitivo";

- "Puoi avere iniziative e fare proposte";

- "Puoi fare le cose autonomamente e ricevere contemporaneamente sostegno";

- "Puoi chiedere aiuto se ti trovi in difficoltà dopo aver deciso di fare da solo";

- "Riuscirai a fare bene le cose che ti piacciono perché hai le risorse per farle"

- "Se senti che c’è qualcosa che non va in ciò che fai, ascoltati e osserva come lo fai, per poi selezionare ciò che fai meglio".

Permettere la Separazione.

Abbiamo visto come la fase dell’adolescenza sia caratterizzata da una progressiva separazione dalle figure di riferimento precedenti, nel tentativo di differenziarsi e costruire la propria originale identità. Gli adolescenti di 14-15 anni sperimentano spesso la loro indipendenza creando delle occasioni per verificare se stanno bene "separati"; questo processo è funzionale alla loro differenziazione rispetto alle persone adulte dalle quali in passato sono dipesi in maniera massiccia, e pone le basi per l’individuazione di una propria identità autonoma. Al genitore capita che la sua disponibilità ad offrire supporto non sia accolta favorevolmente dal ragazzo, molto probabilmente a causa del ruolo istituzionale che egli ricopre agli occhi dello stesso. Nonostante ciò l’adolescente ha bisogno di ricevere supporto e di sapere che ci sono delle persone cui può fare riferimento quando ne ha bisogno.

E’ molto importante, affinché l’esperienza della separazione sia utile alla sua crescita, che egli contatti le conseguenze del proprio agire: mentre osserva gli effetti del proprio comportamento su se stesso, sugli altri e sulle cose, egli si allena a sviluppare la capacità critica e a diventare consapevole della realtà in cui vive, responsabilizzandosi.

Spesso l’adolescente sembra impegnarsi nel "dimostrare" al mondo la propria indipendenza, e ciò accade frequentemente in situazioni di gruppo; i suoi comportamenti in questo caso sono caratterizzati da ribellione, ostinazione, negatività e confusione.

Davanti a questi atteggiamenti gli adulti possono sperimentare un senso di difficoltà e rispondono nella maggior parte dei casi o con l’estremo permissivismo, che ha le caratteristiche della compassione, o con la rabbia, entrando in un braccio di ferro che porta come conseguenza un tornaconto per entrambi nei termini di insoddisfazione e impotenza. In tutti e due i casi il messaggio che l’adulto invia al ragazzo è: "tu non vai bene", che ha come effetto il rinforzo del senso di inadeguatezza e la difficoltà a separarsi e a individuarsi. E’ importante trovare delle strategie di intervento di grande impatto sia emotivo sia cognitivo sul ragazzo, che permettano di verificare piccoli cambiamenti immediati.

Possiamo individuare dei permessi per "pensare" e per "sentire", attraverso i quali vengono rinforzati rispettivamente la capacità di pensare e di sentire; possono essere utilizzati da tutti gli educatori e in particolare dai genitori; si trovano contenuti nelle seguenti affermazioni:

- "Accetto il fatto che non sei un bambino e che sei più autonomo rispetto al passato";

- "Puoi esaminare gli effetti delle tue azioni su gli altri, che potrebbero anche decidere di andarsene se non stanno bene con te";

- "Puoi separarti da me e pensare con la tua testa";

- "Non ho paura della tua rabbia";

- "Puoi cogliere dalle tue sensazioni ciò che vuoi e ciò che ti serve per stare bene";

- "Puoi fidarti di ciò che pensi, dato che hai la capacità di ragionare";

- "Puoi cercare ciò che ti serve da solo, non è necessario che io cerchi tutto per te";

- "O io o l’altro genitore ci saremo quando ci chiederai di esserci".

Facilitare la Costruzione

Mentre i ragazzi sviluppano il pensiero logico, raccogliendo dati e informazioni, si esercitano, spesso con entusiasmo, a trovare relazioni tra eventi; elaborano reti di significati sempre più complessi e arrivano a conclusioni più sofisticate e sottili. Dai 16 ai 20 anni circa, decidono cosa è bene e cosa è male, cosa è importante e cosa insignificante, anche nei termini della realizzabilità di piani e progetti personali. E’ presente nell’adolescente uno sforzo incessante di diventare maturo, adulto e indipendente.

Egli è pronto a fare cose sempre più complesse in modo autonomo, anche se continua ad avere bisogno di protezione, è maggiormente consapevole dei propri desideri e della possibilità o meno di realizzarli, perché ha raffinato la capacità di distinguere se stesso con i propri desideri e pensieri dai fatti e dalla realtà esterna.

E’ molto importante che il ragazzo abbia la possibilità di ricorrere in modo critico alle regole che gli sono state proposte, sia che derivino dalla famiglia, dalla scuola, o dagli amici, per gestire le proprie emozioni e modulare il proprio comportamento e i piani d’azione complessi, mantenendo un senso di coesione personale.

Le regole gli possono essere d’aiuto per sentirsi sicuro in diversi contesti, siano essi contesti formativi, lavorativi, sportivi ecc, per meglio gestire i confini tra se e gli altri e per sperimentare la propria individualità. E’ molto importante però che egli, assieme alla possibilità di conoscere nuove norme, rivaluti criticamente le norme apprese in passato e decida poi quali accettare, al fine di far proprie solo quelle che rientrano nel proprio sistema di valori.

Questo processo di costruzione lo aiuta a superare la confusione e a orientarsi anche riguardo alla propria vita futura, vedendo una direzione che gli deriva dalla percezione di sé come più integrato.

I messaggi legati alla Costruzione sono i seguenti:

- "Ascolta i tuoi sentimenti prima di agire e di trarre conclusioni";

- "Puoi pensare e riflettere sulle conseguenze delle tue azioni";

- "Puoi riflettere prima di fare tua una determinata regola";

- "Puoi avere i tuoi principi morali";

- "Non è necessario che tu soffra per ottenere ciò che ti occorre";

- "Puoi fare le cose a modo tuo";

- "Puoi costruire un tuo personale progetto di vita, dato che hai tutti gli strumenti per farlo".

Il Progetto CSOA e il Comportamento interpersonale delle Orientatrici

Il Progetto CSOA (Centro Servizi Orientamento e Accompagnamento) ha riguardato la realizzazione di un Modello di Centro Servizi integrato di Orientamento e Accompagnamento, destinato ai ragazzi dai 14 ai 18 anni. Esso ha voluto abbracciare la missione Salesiana di realizzare un Progetto educativo inteso come sviluppo della persona vista nella sua integrità e globalità.

La Sperimentazione dello stesso modello è avvenuta tramite l’erogazione dei servizi, con il coinvolgimento diretto di un campione rappresentativo di ragazzi di età compresa tra i 14 ed i 18 anni, individuati nel Sistema dell’Istruzione e della Formazione Professionale su tutto il territorio della Regione Sardegna, e dei Centri per l’impiego (SCICA) di Cagliari. La maggior parte degli interventi sono stati rivolti a gruppi precostituiti (classi delle scuole) e sono stati realizzati nelle aule scolastiche e di formazione, mentre altri sono stati attuati con e grazie alla collaborazione di studenti motivati a compiere percorsi orientativi individualizzati, sempre presso le scuole e i Centri per l’impiego. Attraverso il Monitoraggio durante la Sperimentazione si è tentato di testare il modello orientativo e l’approccio metodologico, gli strumenti operativi e le procedure di erogazione del servizio.

Voglio qui focalizzare l’attenzione sull’approccio operativo utilizzato nel gestire le relazioni con gli utenti e in particolare su alcune variabili relative al Comportamento interpersonale dell’Orientatore, che si inserisce tra le competenze trasversali e più in particolare tra le capacità comunicative degli operatori.

Il modello teorico di riferimento utilizzato nel gestire la relazione con gli Utenti

Il modello teorico di riferimento è stato quello umanistico-integrato, basato sul rispetto della libertà della persona e sulla fiducia nella possibilità di crescita dell’individuo. In riferimento all’ASCI e ai grafici di cui si è parlato sopra (Fig.1, 2, 3), le operatrici hanno cercato di porsi, a seconda delle caratteristiche dei ragazzi di volta in volta incontrati, o sul quadrante dell’amore affermativo (che si colloca tra la Libertà e l’Amore) o sul quadrante dell’Amore protettivo (che si colloca tra l’amore e il Controllo), al fine di promuovere in questi ultimi risposte costruttive e di supporto al benessere e alla crescita.

Gli strumenti di valutazione

Attraverso due questionari di gradimento somministrati agli utenti e ai committenti dei servizi orientativi erogati, dopo aver offerto il servizio, è stato possibile analizzare alcune variabili relative rispettivamente alla relazione tra utente e orientatici e tra queste ultime e i referenti delle scuole destinatarie degli stessi servizi. Nel questionario di gradimento destinato agli utenti, i ragazzi hanno potuto valutare diversi aspetti del servizio offerto; nella Tabella 1. sono state raggruppate le domande del questionario. In particolare la domanda B: "La persona con la quale hai parlato ha creato un clima rilassante?" va a indagare sulle Competenze Relazionali e Comunicative dell’Operatore.

<pTabella - Le domande del questionario di gradimento utenti.

A) Il servizio che ti è stato appena offerto ha soddisfatto le tue aspettativa iniziali?
_1___2___3___4___5__

B) Le persone con le quali hai parlato hanno creato un clima rilassante?
1___2___3___4___5__

C) Il materiale visto ed utilizzato ti è piaciuto?
1___2___3___4___5__

D) Alla fine di questo percorso ritieni di aver acquisito una maggiore consapevolezza delle tue risorse e capacità personali?
1___2___3___4___5__

E) Alla fine di questo percorso ritieni di aver acquisito una maggiore autonomia (capace di effettuare delle ricerche e/o progettare un percorso formativo e/o lavorativo da solo/a)?
1___2___3___4___5__

F) Quanto ti è piaciuto il servizio che ti è stato appena offerto?
1___2___3___4___5__

G) Ti interesserebbe conoscere altri servizi simili che ti possano aiutare nelle tue scelte scolastiche e/o lavorative?
1___2___3___4___5__

Cosa ti è piaciuto?

Cosa non ti è piaciuto?
______________________________________________________

Attraverso il questionario di gradimento somministrato ad un campione di 13 committenti (Tab. 2), tra le altre variabili indagate, è stato possibile valutare la disponibilità da parte degli stessi a collaborare per le attività di orientamento.

La domanda D indaga questa variabile.

Tabella 2 - Le domande del questionario di gradimento committenti (insegnanti, dirigenti)

A. Ritiene utile il servizio che è stato appena erogato?
sì [ ] no [ ]

Se ha risposto SI ci spieghi il perché:
________________________________________________________

Se ha risposto NO ci spieghi il perché:
________________________________________________________

B. Quali sono secondo Lei i punti di forza del servizio offerto?
________________________________________________________

C. Quali invece i punti di debolezza?
________________________________________________________

D. Sareste disposti a far parte di una rete di collaborazione inerente alle attività di Orientamento?
sì [ ] no [ ]

Se ha risposto SI con quali modalità?
________________________________________________________

In questa sezione, se lo desidera, può annotare eventuali osservazioni e/o suggerimenti
________________________________________________________

ADati inerenti a tutte e tre le tipologie di interventi erogati, alla domanda:

A"La persona con la quale hai parlato ha creato un clima rilassante?"

i 1452 Utenti a cui sono stati offerti i tre servizi hanno risposto nel seguente modo:

moltissimo 29%
per nulla 2%
poco 2%
sufficientemente 25%
molto 42%

I risultati del Monitoraggio.

I risultati della valutazione realizzata dagli utenti su 1.452 attività si riferiscono ai mesi della sperimentazione che vanno da ottobre 2003 ad aprile 2004. La maggior parte degli utenti (in totale 1026 = 71%) è molto (602 =42%) e moltissimo (424 = 29%) d’accordo sul fatto che le orientatrici abbiano creato un clima rilassante, mentre solo 24 (2%) ritengono che l’abbiano fatto poco e 34 (2%) per nulla.

Quest’atteggiamento si traduce nella disponibilità ad attivarsi favorevolmente durante l’intervento, e ad accogliere le proposte delle orientatrici anche in vista di successivi interventi orientativi; pone quindi le basi per un buon percorso orientativo ndividualizzato.

Volendo collegare questi risultati alla teoria dell’ASCI considerata in precedenza, possiamo affermare che la percezione positiva degli utenti con molta probabilità avrà portato questi ultimi ad assumere un atteggiamento di fiducia nei confronti delle operatrici.

In riferimento alle risposte dei committenti, alla domanda B.

"Quali sono secondo Lei i punti di forza del servizio offerto?", l’analisi del contenuto delle risposte aperte ha permesso di individuare alcune parole e frasi chiave (Tab.3). E’ evidente dai risultati ottenuti come le risposte si concentrino sugli aspetti elazionali e comunicativi degli interventi.

Alla domanda D. "Sareste disposti a far parte di una rete di collaborazione inerente alle attività di Orientamento?", 11 su 13 hanno dichiarato la loro disponibilità; davanti alla richiesta di specificare le modalità attraverso le quali la rete potrebbe essere realizzata, tutti hanno proposto incontri periodici con gli esperti di orientamento al fine di effettuare uno "scambio" di strumenti e metodologie; una persona ha proposto di realizzare un progetto di formazione sull’Orientamento per i Docenti.

Tabella 3. Le risposte dei Committenti sui Punti di forza del Servizio.
______________________________________________

Risposte Frequenza

Abilità nel coinvolgere i ragazzi 2

Chiarezza 2

Dialogo 2

Gradimento studenti 1

Il materiale offerto 2

Metodologia 1
__________________________________________

Conclusioni

Questa breve argomentazione riguardante il legame tra modalità relazionali del genitore ed efficacia delle azioni educative, fornisce alcune indicazioni circa il ruolo dei comportamenti interpersonali in ambito educativo, che se ben gestiti, possono fornire un valido supporto al processo di crescita della persona. L’integrazione delle riflessioni sulla psicologia dell’adolescente, sui suoi bisogni e compiti evolutivi con l’ASCI si traduce nell’offerta di spunti operativi per agire nella realizzazione di interventi educativi efficaci, che facilitino lo sviluppo dell’autostima e dell’autonomia del ragazzo.

Le orientatici del Progetto CSOA, attraverso l’uso dell’approccio umanistico-integrato, la conoscenza dell’ASCI e delle sue applicazioni in ambito educativo, hanno ottenuto dei buoni risultati alla valutazione che ne hanno dato gli utenti, rispetto alla variabile riguardante l’abilità nel mettere a proprio agio gli stessi. Il livello di gradimento dei Committenti d’altra parte, è elevato soprattutto in riferimento alle variabili relazionali e comunicative, sulle quali ci si è voluti concentrare in questo articolo.

La proposta di questi ultimi di promuovere incontri con esperti di orientamento, destinati ai docenti e ai formatori, potrebbe essere presa in considerazione ai fini di migliorare l’efficacia dei processi educativi all’interno del Sistema dell’Istruzione e della Formazione Professionale e nei Centri per l’impiego. Noi vogliamo aggiungere, per concludere quest’articolo, che si potrebbe pensare alla formazione di tutti gli Educatori, centrata sulla conoscenza delle Relazioni Umane.

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L’Analisi Transazionale

L’Analisi Transazionale e la Psicoterapia Analitico Transazionale.

L'Analisi Transazionale (A.T.), fondata da Eric Berne (1910-1970), è una teoria sia psicologica che sociale, caratterizzata da un contratto bilaterale di crescita e cambiamento. Come sistema di psicoterapia l'Analisi Transazionale viene utilizzata nel trattamento di disturbi psicologici di ogni tipo, essendo un metodo di psicoterapia individuale, di coppia, di gruppo e familiare.

Le prime pubblicazioni sull’Analisi Transazionale risalgono al 1949, quando lo psichiatra canadese E. Berne diede luce ad una serie di riflessioni e iniziò a creare le fondamenta teoriche dell’A.T. Le osservazioni di Berne si concentrarono sulle variazioni di comportamento che avevano luogo in una persona quando si attivava uno stimolo nuovo. Egli cominciò a porre attenzione a quei cambiamenti nell’espressione del viso, nell’intonazione delle parole, nella postura del corpo, nel portamento, nei gesti, nella strutturazione delle frasi etc. Notò allora che ogni persona racchiudeva in sé diverse modalità di comportamento e di volta in volta ognuna di esse prendeva il sopravvento nella personalità dell’individuo. Ad esempio la persona qualche volta si comportava da Bambino, qualche volta da Adulto, qualche volta da Genitore, e a queste strutture di personalità ben definite diede il nome di stati dell’Io. In seguito approfondì il modo in cui queste strutture di personalità si relazionavano con il mondo esterno e cominciò ad analizzare le transazioni (unità di scambio reciproco tra due persone). Scoprì quindi che alcune transazioni avevano scopi ulteriori e che servivano a manipolare gli altri in “giochi” psicologici. Inoltre si accorse che spesso le persone si comportavano in modi preordinati, proprio come se stessero recitando un copione su di un palcoscenico. Questi modi preordinati e non facilmente individuabili dalla persona che li mette in atto, sono la causa del ripetersi di esperienze spiacevoli che paragonabili a dei “ritornelli”, nella vita della persona stessa. Esempi di ritornelli sono i seguenti: una persona che viene continuamente delusa e/o lasciata; un’altra che perde ripetutamente il lavoro; una che si da fare per qualcun altro senza essere corrisposta; una che desidera attenzioni e più le cerca più gli altri non gliele danno; una che viene costantemente invaso dagli altri; una che vive intensamente ma subito dopo si annoia altrettanto intensamente, ecc.

Approfondiremo tra breve questi concetti.

Abbiamo visto che all’inizio l’attenzione di Berne è prevalentemente legata alla fenomenologia e allo studio della struttura della personalità, successivamente egli si concentrò sulla comunicazione latente e manifesta, mettendo a frutto i suoi interessi sulla cibernetica di Weiner e Korzysky. Nella terza fase il fulcro centrale dei suoi studi fu l’analisi del copione, ovvero lo studio del piano di vita delle persone.

L’A.T. è una corrente della psicologia umanistica-esistenziale (Maslow, Rogers, Perls, Allport) e in tal senso non corrisponde semplicemente alla concezione medica della guarigione da una malattia. Infatti, la sofferenza psichica viene vista come un blocco di crescita del potenziale psicofisico dell’essere umano (Novellino, 2003).

Ci sono alcuni presupposti filosofici che caratterizzano l’A.T. e che è importante considerare:

Assunti Filosofici dell'Analisi Transazionale

ogni individuo è ok (va bene così com'è): le persone sono uguali tra loro ed ognuna ha valore in quanto persona, indipendentemente dalla sua razza e dal suo contesto socio-culturale;

ogni persona ha la capacità di pensare e di autodeterminarsi: ognuno può decidere che cosa fare della propria vita ed ha la capacità di crescere e di imparare qualunque esperienza abbia avuto anche negativa;

- le decisioni prese possono essere modificate: ciascuna persona prende delle decisioni e ne è responsabile, ed è anche responsabile di cambiarle quando non sono più funzionali.

A.T. e modello decisionale

La teoria dell’Analisi Transazionale è basata su un modello decisionale. Ciascuno di noi impara comportamenti specifici e decide un piano di vita nell’infanzia. Benché le nostre decisioni infantili siano fortemente influenzate dai genitori e da altre persone, siamo noi stessi che prendiamo queste decisioni nel modo peculiare di ogni persona. Dal momento che siamo noi ad aver deciso il nostro piano di vita, abbiamo anche il potere di cambiarlo, prendendo nuove decisioni in qualsiasi momento.

Contrattualità dell’A.T.

La metodologia di intervento dell' A.T. si fonda sulla contrattualità: la relazione terapeutica è vista come un accordo tra terapeuta e cliente, i quali hanno una responsabilità congiunta nel lavorare per raggiungere gli obiettivi di terapia definiti in modo chiaro e specifico. "Il paziente viene quindi responsabilizzato dall’inizio a porsi come controparte attiva di un professionista il cui compito non è quello di risolvere i problemi del paziente, bensì quello di aiutare a comprendere come finora si è bloccato dal risolverli da solo." (Novellino, 1998).

I contratti di terapia, attraverso i quali viene specificamente stabilita la meta della terapia, possono essere distinti in contratti di controllo sociale e contratti di autonomia.

I contratti di controllo sociale (terapia breve) sono accordi di terapia tesi a risolvere un problema specifico e hanno come obiettivo un cambiamento comportamentale e il suo mantenimento nel tempo.

Per contratti di autonomia (terapia che può richiedere anni) si intendono, invece, quei contratti in cui la meta della terapia non è solo un cambiamento comportamentale ma un cambiamento del copione della persona, per cui la terapia non è rivolta solo ad un sollievo dai sintomi, bensì alla ristrutturazione della personalità.

Per spiegare questa differenza usiamo una metafora ideata da Berne: ciascun individuo nasce principe o principessa ed esperienze negative precoci convincono alcune persone ad essere ranocchi, da ciò deriva lo sviluppo della patologia. Gli obiettivi terapeutici possono essere due: il primo tende al miglioramento, ad un progresso che equivale ad uno star meglio come ranocchi; il secondo tende a curare, a guarire che significa togliersi la pelle del ranocchio e riprendere nuovamente lo sviluppo interrotto del principe o della principessa.

Sviluppo dell'Analisi Transazionale

E’ importante considerare che lo sviluppo dell’A.T. corrisponde solo in parte con la storia e la vita di Eric Berne. Un caposaldo dell’A.T. è tuttora la sua integrazione con la Gestalt (grazie all’opera dei Goulding, allievi di Perls), ma l’A.T. integra al suo interno anche la tradizione teorica della teoria delle relazioni oggettuali in campo psicoanalitico, oltre a tecniche cognitiviste e comportamentali. Importanti sviluppi neopsicoanalitici si sono avuti anche grazie al contributo di autori italiani (Moiso e Novellino) che hanno inserito nel quadro teorico concetti clinici psicoanalitici utili soprattutto per il lavoro sugli stati borderlines (scissione dell’Io, controtransfert etc).

Negli ultimi anni l'A.T., grazie al contributo di studiosi anglosassoni, sta integrando all'interno del suo assetto teorico anche le più recenti acquisizioni operate dalle neuroscienze, in particolare le basi neurofisiologiche degli stati dell'Io, l'accesso alle memorie implicite e la formazione delle memorie episodiche.

In Italia, oltre al già citato approccio psicodinamico di Novellino, è molto attivo il gruppo di ricerca di Pio Scilligo , il quale sta sviluppando un'ulteriore integrazione dell'A.T. con il modello SASB di Lorna Smith Benjamin.

L’A.T. ha avuto una progressiva espansione a livello mondiale e una strutturazione in organizzazioni nazionali e internazionali. L’ITAA (International Transactional Analysis Association) assicura rigorosi standard formativi e tutela il titolo di Analista Transazionale la cui formazione è riconosciuta solo se svolta con formatori riconosciuti dall’ITAA o dalle associazioni continentali affiliate: in Europa abbiamo l’EATA (European Association Transactional Analysis).

Principi di base dell'Analisi Transazionale

Per illustrare i principi di base dell’A.T. teniamo presente che essa può essere suddivisa in quattro aree (Novellino, 2003):

Area Oggetto
 
Analisi strutturale Processi intrapsichici
Analisi delle transazioni Processi relazionali
Analisi dei giochi psicologici Processi relazionali distorti che conducono ad un rafforzamento della patologia
Analisi del Copione Programma di vita basato su esperienze infantili che conducono a decisioni autolimitanti.

1) Analisi Strutturale:

Per comprendere il comportamento di una persona, occorre essere consapevoli di quello che succede al suo interno. Per realizzare questa analisi possiamo suddividere la personalità in diverse parti, consistente ognuna in una struttura integrata di pensieri, emozioni e comportamenti, a cui diamo il nome di stati dell’Io. L’analisi strutturale permette di rappresentare le componenti storiche e biologiche della personalità e si occupa del contenuto dello stato dell’Io; per rappresentare il suo funzionamento si ricorre all’analisi funzionale, che descrive come una persona usa i suoi stati dell’Io per rapportarsi a se stesso e agli altri.

STATI DELL’IO

Berne definisce uno stato dell’Io come un insieme coerente di pensieri, sentimenti ed esperienze direttamente correlate ad un insieme coerente di modelli di comportamento. Sebbene ogni persona possiede infiniti stati dell’Io l’autore li raggruppò in tre grossi insiemi chiaramente distinti e osservabili, diagrammati con tre cerchi sovrapposti:

 

Il Genitore (G)

Il Genitore è l’insieme di pensieri, sentimenti e comportamenti che incorporiamo dall’esterno durante la nostra infanzia ed adolescenza dalla relazione con le figure significative: i nostri genitori reali (o chi ne fa le veci), dai parenti, maestri, insegnanti, o da tutte quelle persone autorevoli che incontriamo negli anni della nostra formazione. Per esempio un genitore si può accorgere che a volte assume un comportamento simile a quello dei propri genitori quando sta utilizzando in modo automatico il proprio Stato dell’Io G. Esternamente l’attivazione di questo stato dell’Io si identifica spesso in comportamenti pregiudiziali, critici o protettivi; mentre dall’interno è vissuto come vecchi messaggi Genitoriali che continuano ad influenzare il Bambino interno.

Funzionalmente si può avere il Genitore Normativo o Critico (GN) quando si manifestano atteggiamenti di divieto e di comandi, il sancire regole, dettare le leggi etc, ed il Genitore Affettivo (GA), che invece si prende cura, mostra attenzione, premura, da sostegno ed è comprensivo etc.

L’Adulto (A)

L’Adulto è un insieme obiettivo di pensieri, sentimenti e comportamenti coerenti con la situazione che stiamo vivendo (qui ed ora) e indica la nostra capacità di elaborare continuamente nuovi dati. Infatti, per gestire la nostra realtà attuale abbiamo bisogno di trovare in continuazione strategie efficaci senza subire interferenze limitanti da Stati dell’io arcaici o incorporati dall’esterno.

Il Bambino (B)

Il Bambino è l’insieme di pensieri, sentimenti e comportamenti che risalgono alla nostra infanzia. Contiene le registrazioni delle prime esperienze di vita e delle “posizioni” che il bambino ha assunto verso se stesso e gli altri. A livello strutturale è uno Stato dell’Io arcaico e si manifesta come vecchi comportamenti dell’infanzia: così come la persona reagiva da bambino.

Si parla di Bambino Adattato (BA) se attiviamo un comportamento correlato all’influenza genitoriale e Bambino Libero (BL) quando esibiamo forme di comportamento autonomo, senza l’influsso genitoriale. Sia il BA che il BL possono essere positivi o negativi a seconda che siano efficaci ed adeguati alla situazione. La struttura del B è quella parte della nostra personalità che ci fornisce le motivazioni principali del nostro agire.

Per facilitare la comprensione farò degli esempi (adattati da Wollams & Brown, 1978):

Il GA + si prende cura di un’altra persona con amore, quando quest’ultima ne ha bisogno e lo desidera – “Certo farò questo per te”.

Il GA – è sia troppo permissivo, sia troppo affettivo, in quanto fa per gli altri cose che non erano richieste o di cui non avevano bisogno – “Fammi fare questo per te”.

Il GC + è forte e dogmatico e prende le difese dei diritti suoi o degli altri senza umiliare nessuno – “basta! Questo non è giusto!”

Il GC – cerca di togliere l’autostima ad un’altra persona – “perché fai sempre così?”

L’A calcola le probabilità usando termini definibili operativamente – “Se usiamo questo tipo di acciaio c’è un’alta probabilità che il ponte resisterà a un vento di 150 miglia all’ora”.

Il BA + ottiene ciò che vuole o almeno evita il dolore compiacendo a ciò che, secondo lui, i “grandi" si aspettano da lui – “Sissignore”, a un superiore, e “per piacere” e “grazie” quando sono richiesti.

Il BA – si comporta in modo autodistruttivo per ottenere l’attenzione degli altri – dimentica di fare il saluto al Generale, e poi si meraviglia che le cose vadano sempre così male per lui.

Il BL + esprime direttamente quello che passa nella sua mente, si diverte, vive in intimità con gli altri e non fa del male a nessuno nel far ciò – “Ehi, giochiamo”

Il BL – fa del male agli altri o a se stesso nell’esprimersi e nel divertirsi – “Andiamo più veloci” anche quando è pericoloso. Ci sono pochi esempi di questo comportamento. Per lo più molti comportamenti che a prima vista possono essere del BL negativo sono in realtà azioni del BA autodistruttivo.

E’ importante sottolineare che ciascuno di noi possiede ed utilizza tutti e tre gli Stati dell’Io, sebbene possa esservi la tendenza a utilizzare in modo privilegiato uno dei tre. Vi è patologia quando vi sono i meccanismi dell’esclusione (una persona può funzionare solo con uno o due stati dell’Io) e della contaminazione (la persona utilizza informazioni non corrette come dati di realtà, ovvero il suo A non costruisce criticamente la realtà attuale ma prende per buoni dati provenienti dal G o dal B).

L’Analista Transazionale guida il paziente al riconoscimento e alla consapevolezza degli stati dell’Io che la persona attiva affinché egli possa utilizzarli tutti e tre in modo positivo, arricchendo così le proprie opzioni e migliorando la qualità della propria vita e delle proprie relazioni. L’obiettivo principale del terapeuta AT è, infatti, decontaminare l’A, in tal modo il paziente potrà agire nel presente in modo appropriato ed efficace, integrando nel suo modo di agire sia gli insegnamenti introiettati nel suo G, sia le esperienze vissute e contenute nel suo B. L’A integrato ascolta e verifica i dati che arrivano dagli altri stati dell’Io: esamina se le informazioni provenienti dal G sono avvalorate dalla realtà dei fatti e se sono funzionali, come pure se quelle provenienti dal suo B sono aggiornate e appropriate ala realtà attuale.

2) Analisi delle transazioni:

L’Analisi Transazionale prende il nome dalle transazioni, definita come l’unità del rapporto sociale: ogni volta che una persona è in relazione con un’altra persona si avranno delle transazioni. Ogni transazione è composta da uno stimolo e da una risposta; le transazioni vengono scambiate tra i rispettivi stati dell’Io di due persone.

Le transazioni sono classificate in Complementari, Incrociate, Ulteriori e a ciascun tipo di esse corrispondono diverse regole della comunicazione.

L’analisi delle transazioni costituisce il ponte tra livello intrapsichico e livello interpersonale nella psicoterapia; essa si occupa della diagnosi degli stati dell’Io che hanno emesso gli stimoli o le risposte, con la finalità di favorire il controllo sociale, cioè il controllo del comportamento nelle relazioni sociali, da parte della struttura dell’A. La persona divenendo maggiormente consapevole degli stati dell’Io che attiva quando comunica con gli altri raggiunge una maggiore efficacia nella comunicazione e un conseguente benessere relazionale. Tale approccio costituisce una peculiarità dell’A.T. e uno dei suoi punti di forza.

3) Analisi dei giochi psicologici:

“Il gioco psicologico è una serie di transazioni ulteriori [che hanno uno scopo ulteriore, incongruente con il messaggio verbale] ripetitive a cui fa seguito un colpo di scena con una scambio di ruoli, un senso di confusione accompagnato da uno stato d’animo spiacevole come tornaconto finale, in termini di rinforzo di convinzioni negative su di sé, sugli altri, sul mondo”. L’A.T. aiuta ad essere consapevoli dei propri giochi, a smettere di giocare o a giocare in modo meno “pericoloso”.

I vantaggi che si hanno nel giocare i giochi possono essere così riassunti (Novellino, 2003):

a. ottenere carezze (da intendersi in A.T. come “unità di riconoscimento”).;

b. strutturare il tempo (cioè il procurarsi ed organizzare il proprio bisogno di contatto sociale);

c. mantenere la posizione esistenziale (atteggiamento più o meno positivo nei confronti di sé e degli altri);

d. portare avanti il copione;

e. evitare l’intimità;

f. continuare ad avere un rapporto emotivo anche dopo il fallimento di una relazione di ricatto;

g. accumulare bollini, ossia reazioni emotive che verranno usate in seguito come giustificazione di un dato comportamento;

h. rendere la gente prevedibile.

In breve i giochi sono modalità reciprocamente distorti di procurarsi carezze a cui fa seguito una svalutazione di sé, degli altri e del mondo esterno e con i quali pertanto le persone procrastinano la loro sofferenza; essi possono essere abbandonati solo quando la persona ha trovato modi alternativi e sani di procurarsi carezze positive che contengono il messaggio “tu sei ok”.

4) Analisi del Copione psicologico:

Berne in “Ciao e Poi” (1972) definisce il copione come: “un piano di vita basato su una decisione presa nell’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli eventi successivi e culminante in una scelta decisiva”. E’ dunque un piano di vita personale che un individuo decide da piccolo in base alla sua interpretazione degli eventi, esterni ed interni, dei messaggi ricevuti dai genitori e che viene sostenuto da decisioni successive. Il bambino decide il suo copione tra i 3 e i 6 anni; le decisioni prese sul corso della vita, rimangono inalterate anche se le situazioni si modificano, infatti, man mano che il bambino entra nelle fasi successive di sviluppo struttura versioni aggiornate del copione, allo scopo di adattarlo alle nuove realtà che vive ma mantenendone inalterato lo schema base.

Spesso le persone hanno un copione limitante e sofferente, un percorso terapeutico può aiutarle a divenire consapevoli del proprio copione e a modificarlo. All’interno del quadro di riferimento dell’A.T., ciò che rende efficace un intervento è aiutare la persona a tornare a quelle prime esperienze di vita, mediante le quali, il bambino, per proteggersi, aveva inibito le proprie potenzialità prendendo delle decisioni, che allora erano necessarie per la sua sopravvivenza fisica o psichica (es. “compiacere altri”), ma che ora non sono più funzionali. Se da una parte i messaggi negativi, accettati dal bambino, possono divenire fonte di malessere perché troppo rigidi e limitanti, dall’altra parte hanno permesso a quel bambino una sorta di sicurezza e protezione, a cui l’A, nel processo ridecisionale, può scegliere di rinunciare per sbloccare la sua crescita. Nell’ambiente protetto della terapia la persona può ridecidere di comportarsi in modo diverso per vivere una vita più soddisfacente nel presente.

Il terapeuta A.T. nel percorso di ridecisione con la persona amplifica l’efficacia del trattamento usando le 3 P: permesso, protezione, potenza. Il terapeuta, attraverso l’ascolto, implicitamente dà il permesso di cambiare. In seguito, in modo esplicito, potrà dare permessi per lasciare che la persona sperimenti modalità alternative alle vecchie decisioni di copione. Inoltre, rispettando il paziente in ogni sua azione e facendo un buon contratto di terapia, dà protezione al paziente e a se stesso. Il terapeuta è potente nella relazione con il paziente perché usa in modo integrato tutti e tre gli stati del suo Io : “ha un G che incoraggia e si prende cura del benessere del cliente; ha un A che ascolta, coglie informazioni importanti, fa ipotesi e le verifica; ha un B liberato che si diverte, ha energia, usa le sue capacità creative e intuitive, ed è in grado di concedere permessi dando protezione”. (Castagna, 2003).

A chi è utile l’Analisi Transazionale?

I disturbi psichici con cui l’approccio A.T. è indicato sono (adattato da Novellino, 2003):

ð le strutture nevrotiche, anche gravi, sia fobico-ossessive che isteriche e depressive;

ð le strutture borderline, poiché queste hanno bisogno di un setting ben strutturato, direttivo, chiaro, teso alla focalizzazione sulla realtà;

ð le strutture psicosomatiche, per le quali è stato elaborato, nell’ambito dell’A.T., un lavoro di tipo corporeo, che facilita l’accettazione del vissuto corporeo da parte del paziente psicosomatico, attraverso l’integrazione di tecniche mutuate da altri approcci (es. terapia della Gestalt e Bioenergetica);

ð le strutture psicotiche, a condizione però che sia possibile il lavoro in una struttura di tipo comunitario-residenziale; per le strutture psicotiche in compensazione l’A.T. è in grado di offrire il setting adatto.

Per trattazioni approfondite suggerisco i seguenti libri:

Berne, E. (1961). AT e Psicoterapia. Trad. it. Roma: Astrolabio, 1971

Berne, E. (1964). A che gioco giochiamo. Trad. it. Milano: Bompiani, 1967

Berne, E. (1966). Principi di terapia di gruppo. Trad. it. Roma:Astrolabio, 1986

Berne, E. (1972). Ciao…e poi? Trad. it. Milano: Bompiani,1978

Castagna , M. (2003). L’analisi transazionale nella formazione con gli adulti. Milano: Franco Angeli

Goulding, R. & M.(1979). Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale. Trad. it. Roma: Astrolabio,1983

James, M. (1989). Nati per vincere. Trad. it. Roma: Paoline,1980

Moiso e Novellino (1982). Stati dell’Io. Roma: Astrolabio

Wollams, M. e Brown, S. (1978). L’Analisi Transazionale. Trad. it. Assisi: Cittadella, 1985

Novellino, M. (1998). L’approccio clinico dell’Analisi Transazionale. Milano: Franco Angeli

Novellino, M. (2003). La sindrome dell’uomo mascherato. Milano: Franco Angeli

Psicoterapia Umanistica Integrata

Che cos’è la Psicoterapia Umanistica Integrata focalizzata sull’Analisi Transazionale.

Anna Loretta Spano

In questo articolo descriverò le peculiarità della Psicoterapia Umanistica Integrata focalizzata sull’Analisi Transazionale. Secondo la Psicologia umanistica, ciò che caratterizza l’essere umano è il bisogno di conoscere, di esprimersi, di avere relazioni gratificanti e di autorealizzarsi.

Essa prende avvio soprattutto tramite l’opera di Carl Rogers che, nel 1951, con la pubblicazione del libro “La terapia centrata sul cliente” ne illustra i fondamenti teorico/pratici: la malattia mentale nelle sue varie forme altro non è che una distorsione dello sforzo che l’individuo compie per attuare le proprie potenzialità.

Se Rogers rappresenta un esponente di spicco della Psicologia umanistica, molti altri possono essere annoverati tra i teorici di questo movimento, definito da Abraham Maslow come la “Terza Forza” della psicologia; cioè un’alternativa alle due psicologie allora imperanti, la psicoanalisi classica ed il comportamentismo positivistico.

La psicoanalisi classica spiega le azioni umane come il risultato di pulsioni istintuali inconsce, e compito dell’analisi è rendere chiare alla coscienza la presenza di queste pulsioni attraverso un lungo lavoro interpretativo.

Il comportamentismo positivistico considera i comportamenti umani le risposte automatiche a stimoli esterni dati al presente. Compito della psicoterapia è di modificare questi stimoli in modo da avere risposte diverse.

Nel primo caso il ruolo della coscienza della persona è di secondaria importanza rispetto alle pulsioni inconsce, nel secondo caso il ruolo della coscienza viene addirittura negato.

In contrapposizione ad una visione dell’essere umano determinista e meccanicista, la psicologia umanista si propone di accompagnare la persona alla scoperta e allo sviluppo delle proprie potenzialità, focalizzandosi e valorizzando la sua autorealizzazione, la sua creatività, le sue libere scelte.

Altri esponenti di questo movimento sono Erich Fromm, Fritz Perls, Alexander Lowen, e molti altri. E’ difficile distinguere la corrente umanistica, marcatamente americana, dalla Psicologia esistenziale, di derivazione europea. In effetti, molti esperti, in riferimento alla Terza Forza, parlano in genere di Psicologia Umanistica-Esistenziale.

Nella psicoterapia umanistica – esistenziale il lavoro terapeutico considera la complessità e peculiarità di ogni persona. Ogni essere umano ha un’esperienza, dei propri pensieri e delle emozioni che vive e sente in un modo che sono solo suoi. Sulla base di questi ultimi costruisce i propri significati e attua le proprie scelte.

Grazie all’iniziativa di Maslow e Rogers nascono e aderiscono nuove correnti psicoterapeutiche (rogersiana, gestalt, bioenergetica, analisi transazionale), che seppur diverse tra loro, serbano un comune denominatore: l’attenzione sull’emozione e sull’esperienza.

L’Analisi Transazionale (A.T.), fondata da Eric Berne (1910-1970), è una teoria sia psicologica che sociale, caratterizzata da un contratto bilaterale di crescita e cambiamento. Come sistema di psicoterapia l’Analisi Transazionale viene utilizzata nel trattamento di disturbi psicologici di ogni tipo.

Le prime pubblicazioni sull’Analisi Transazionale risalgono al 1949, quando lo psichiatra canadese E. Berne da luce ad una serie di riflessioni e inizia a creare le fondamenta teoriche dell’A.T. Le osservazioni di Berne si concentrano sulle variazioni di comportamento che hanno luogo in una persona quando si attiva uno stimolo nuovo. Egli pone attenzione a quei cambiamenti nell’espressione del viso, nell’intonazione delle parole, nella postura del corpo, nel portamento, nei gesti, nella strutturazione delle frasi etc. Nota allora che ogni persona racchiude in sé diverse modalità di comportamento e di volta in volta ognuna di esse prende il sopravvento nella personalità dell’individuo. Ad esempio la persona qualche volta si comporta da Bambino, qualche volta da Adulto, qualche volta da Genitore, e a queste strutture di personalità ben definite Berne da il nome di stati dell’Io. In seguito approfondisce il modo in cui queste strutture di personalità si relazionano con il mondo esterno e comincia ad analizzare le transazioni (unità di scambio reciproco tra due persone). Scopre quindi che alcune transazioni hanno scopi ulteriori e che servono a manipolare gli altri in “giochi” psicologici. Inoltre si accorge che spesso le persone si comportano in modi preordinati, proprio come se recitano un copione su di un palcoscenico. Questi modi preordinati e non facilmente individuabili dalla persona che li mette in atto, sono la causa del ripetersi di esperienze spiacevoli paragonabili a dei “ritornelli”, nella vita della persona stessa. Esempi di ritornelli sono i seguenti: una persona che viene continuamente delusa e/o lasciata; un’altra che perde ripetutamente il lavoro; una che si da fare per qualcun altro senza essere corrisposta; una che desidera attenzioni e più le cerca più gli altri non gliele danno; una che viene costantemente invasa dagli altri; una che vive intensamente ma subito dopo si annoia altrettanto intensamente, ecc.

Lo psicoterapeuta che utilizza l’Analisi Transazionale si basa sulla convinzione che ogni individuo:

a) ha un suo valore ed ha la capacità di autodeterminarsi;

b) può decidere che cosa fare della propria vita ed ha la capacità di crescere e di imparare qualunque esperienza abbia avuto, anche negativa;

c) può decidere di cambiare le proprie decisioni quando si accorge che queste ultime non sono più utili.

L’approccio terapeutico che utilizza lo psicoterapeuta Analista Transazionale può essere definito “contrattuale”: E’ contrattuale perché tra terapeuta e cliente si stabilisce sin dall’inizio un “contratto terapeutico”.

Partendo dal problema che il cliente porta, terapeuta e cliente individuano un “obiettivo”. Quest’ultimo riguarda ciò che il cliente si prefigge di raggiungere alla fine del percorso d’aiuto. Ad ogni seduta inoltre, essi fanno un “contratto di seduta”: il cliente porta ciò che per lui è più importante in quel giorno, e assieme concordano una meta al presente. L’insieme delle mete di seduta portano necessariamente all’obiettivo generale (terapeutico).

La relazione terapeutica è vista come un accordo continuo tra terapeuta e cliente, i quali hanno una responsabilità congiunta nel lavorare per raggiungere gli obiettivi di terapia definiti in modo chiaro e specifico.

“Il paziente viene quindi responsabilizzato dall’inizio a porsi come controparte attiva di un professionista il cui compito non è quello di risolvere i problemi del paziente, bensì quello di aiutare a comprendere come finora si è bloccato dal risolverli da solo.” (Novellino, 1998).

I contratti di terapia, attraverso i quali viene specificamente stabilita la meta della terapia, possono essere distinti in contratti di controllo sociale e contratti di autonomia.

I contratti di controllo sociale (terapia breve) sono accordi di terapia tesi a risolvere un problema specifico e hanno come obiettivo un cambiamento comportamentale e il suo mantenimento nel tempo.

Per contratti di autonomia (terapia che può richiedere anni) si intendono, invece, quei contratti in cui la meta della terapia non è solo un cambiamento comportamentale ma un cambiamento del “copione” della persona, per cui la terapia non è rivolta solo ad un sollievo dai sintomi, bensì alla ristrutturazione della personalità.

Per spiegare questa differenza usiamo una metafora ideata da Berne: ciascun individuo nasce principe o principessa ed esperienze negative precoci convincono alcune persone ad essere ranocchi, da ciò deriva lo sviluppo della patologia. Gli obiettivi terapeutici possono essere due: il primo tende al miglioramento, ad un progresso che equivale ad uno star meglio come ranocchi; il secondo tende a curare, a guarire che significa togliersi la pelle del ranocchio e riprendere nuovamente lo sviluppo interrotto del principe o della principessa.

Lo psicoterapeuta Umanista che usa l’Analisi Transazionale guida il cliente ad osservare i propri comportamenti, ad ascoltare le proprie emozioni, a chiarire i propri pensieri, e attraverso la loro integrazione, a costruire i significati per spiegare i fatti della propria vita. Le interpretazioni da parte dell’Analista sono messe in secondo piano, per lasciare spazio alle intuizioni e riflessioni del cliente, alla costruzione dei propri significati e alle sue libere scelte.

Il cliente scopre a poco a poco che tutto ha un senso; che anche i comportamenti più “strani” e apparentemente “disfunzionali” hanno una loro ragion d’esistere, ed è per questo che persistono.

Egli prende atto del fatto che le scelte che compie nei vari momenti della propria vita sono le migliori in quei dati momenti. spesso si accorge di portare avanti decisioni che sono state molto utili in passato, ed è per questo che esse persistono.

Il già noto, anche se doloroso, spesso non spaventa quanto il nuovo, forse perché il vecchio lo si sa gestire, e forse perché lo si riconosce e lo si “vive” più intensamente.

Si pensi per esempio, a quelle persone che si “ritrovano invischiate” in relazioni conflittuali e frustranti. Per quanto esse stesse riconoscano razionalmente che non siano “buone” per sé, continuano a viverle, trovando le altre relazioni “insipide”.

Con l’aiuto del terapeuta il cliente scopre il motivo di questo persistere.

Solo dopo aver chiarito la funzione nascosta dei comportamenti “apparentemente disadattivi”, la persona può scegliere liberamente di continuare ad agire nel modo familiare o cambiare.

Se il cliente sceglie di mantenere la stessa decisione, si sente comunque più libero rispetto al passato; se opta per una nuova decisione, il percorso terapeutico và avanti nella direzione di individuare nuove modalità d’azione, sperimentarle, con la certezza di avere a disposizione “un porto sicuro” su cui tornare per trovare accoglienza, comprensione, confronto critico.

Compito del terapeuta è quindi accompagnare la persona ad apprendere nuove modalità per gestire la nuova realtà, e a sviluppare le proprie sensazioni in modo da “gustare” le esperienze nuove.

Lo psicoterapeuta umanistico che utilizza l’approccio contrattuale (A.T) di tipo “Integrato”, utilizza la teoria delle relazioni oggettuali assieme a Strategie e Tecniche della Gestalt (grazie all’opera dei Goulding, allievi di Perls), e Cognitivo-Comportamentali.

La scelta di quali modalità utilizzare e in quale momento dipende dalle caratteristiche del cliente e del problema che porta. E’ lo psicoterapeuta che si “adatta” al cliente, e non il contrario.

Negli ultimi anni l’A.T., grazie al contributo di studiosi anglosassoni, sta integrando all’interno del suo assetto teorico anche le più recenti acquisizioni operate dalle neuroscienze, in particolare le basi neurofisiologiche degli stati dell’Io, l’accesso alle memorie implicite e la formazione delle memorie episodiche.

In Italia, oltre al già citato approccio psicodinamico di Novellino, è molto attivo il gruppo di ricerca di Pio Scilligo, il quale ha sviluppato un’ulteriore integrazione dell’A.T. con il modello SASB di Lorna Smith Benjamin. Esso ha preso il nome di Modello Socio-Cognitivo.

L’A.T. ha avuto una progressiva espansione a livello mondiale e una strutturazione in organizzazioni nazionali e internazionali. L’ITAA (International Transactional Analysis Association) assicura rigorosi standard formativi e tutela il titolo di Analista Transazionale la cui formazione è riconosciuta solo se svolta con formatori riconosciuti dall’ITAA o dalle associazioni continentali affiliate: in Europa abbiamo l’EATA (European Association Transactional Analysis).

La psicoterapia Umanistica Integrata con focalizzazione sull’Analisi Transazionale trova ampia applicazione e notevole gradimento da parte degli utenti, che generalmente si sentono a ”ccolti, compresi e importanti nella relazione terapeutica”.

I disturbi psichici con cui l’approccio A.T. è indicato sono (adattato da Novellino, 2003) :

– le strutture nevrotiche, anche gravi, sia fobico-ossessive che isteriche e depressive;

– le strutture borderline, poiché queste hanno bisogno di un setting ben strutturato, direttivo, chiaro, teso alla focalizzazione sulla realtà;

– le strutture psicosomatiche, per le quali è stato elaborato, nell’ambito dell’A.T., un lavoro di tipo corporeo, che facilita l’accettazione del vissuto corporeo da parte del paziente psicosomatico, attraverso l’integrazione di tecniche mutuate da altri approcci (es. terapia della Gestalt e Bioenergetica);

– le strutture psicotiche, a condizione però che sia possibile il lavoro in una struttura di tipo comunitario-residenziale o in concomitanza con una terapia farmacologia. Per le strutture psicotiche in compensazione l’A.T. è in grado di offrire il setting adatto.

Per trattazioni approfondite suggerisco i seguenti libri:

Berne, E. (1961). AT e Psicoterapia. Trad. it. Roma: Astrolabio, 1971

Berne, E. (1964). A che gioco giochiamo. Trad. it. Milano: Bompiani, 1967

Berne, E. (1972). Ciao…e poi? Trad. it. Milano: Bompiani,1978

Castagna , M. (2003). L’analisi transazionale nella formazione con gli adulti. Milano: Franco Angeli

Fromm, E. Il coraggio di essere, intervista e traduzione di Guido Ferrari, Casagrande, Bellinzona 2006.

Fromm, E. L’arte di amare, traduzione di Marilena Damiani, Mondadori, 1996.

Fromm, E. L’arte di vivere, a cura di Rainer Funk, Mondadori, Milano 2005.

Fromm, E. Fuga dalla libertà, traduzione di C. Mannucci, Edizioni di Comunità, 1980.

Goulding, R. & M.(1979). Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale. Trad. it. Roma: Astrolabio,1983

James, M. (1989). Nati per vincere. Trad. it. Roma: Paoline,1980

Moiso e Novellino (1982). Stati dell’Io. Roma: Astrolabio

Wollams, M. e Brown, S. (1978). L’Analisi Transazionale. Trad. it. Assisi: Cittadella, 1985

Novellino, M. (1998). L’approccio clinico dell’Analisi Transazionale. Milano: Franco Angeli

Novellino, M. (2003). La sindrome dell’uomo mascherato. Milano: Franco Angeli

Goulding, R. & M.(1979). Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale. Trad. it. Roma: Astrolabio,1983

Roges,C. Terapia centrata sul cliente, La Nuova Italia, Firenze 1997, traduzione da Client-centered Therapy, 1951

Roges,C. Psicoterapia e relazioni umane, Boringhieri, Torino 1970, traduzione da Psychothérapie et relations humaines. Théorie et pratique de la thérapie nondirective, pubblicato a Lovanio nel 1962 assieme a M. Kinget.

Roges, C. Liberta’ nell’apprendimento, Giunti Barbera, Firenze 1973, traduzione da Freedom to Learn, 1969

Roges,C. Partners. Il matrimonio e le sue alternative, Astrolabio, Milano 1976, traduzione di Augusto Menzio da Becoming Partners. Marriage and its alternatives, 1972

Roges,C. Potere personale. La forza interiore e il suo effetto rivoluzionario, Astrolabio, Milano 1978, traduzione di Luciana e Gianni Baldaccini da Carl Rogers on Personal Power, 1977

Roges, C. Un modo di essere, Martinelli, Firenze 1983, traduzione di Mauro Bonacci da A Way of being, Boston, 1980

Roges,C. Da persona a persona. Il problema di essere umani, Astrolabio, Roma 1987, traduzione di Salvatore Maddaloni da Person to person. The problem of being human. A new trend in psychology, 1967, con Barry Stevens

Disturbi dell’umore, disturbi di personalità e psicoterapia

E’ molto frequente che un cliente giunga in terapia motivato dal bisogno di sentirsi più sereno e di “tornare come prima”, quando a suo dire, aveva “voglia di fare e sorridere”; o per raggiungere una “stabilità nell’umore”, a volte mai provata.

Spesso dietro alla tristezza profonda e alla mancanza di voglia di vivere ci sono separazioni e perdite. Queste possono riguardare persone ma anche luoghi, cose o entità, che sono state affettivamente importanti per la persona stessa e che da qualche tempo non ci sono più.

All’inizio della terapia il cliente vive tali perdite spesso come “devastanti” e descrive il vuoto rimasto nella propria vita come “incolmabile”; non c’è nient’altro attorno che possa essere minimamente paragonabile a ciò che è venuto a mancare. Il dolore è grande e nei casi estremi per alcuni l’unica via d’uscita per porre fine alla sofferenza appare essere il suicidio.

A volte la persona riferisce di sentirsi confusa per il fatto di sperimentare “sbalzi dell’umore” che non gli permettono di capire le preferenze e orientarsi nella vita in modo sicuro. Altre volte ancora essa comunica di sperimentare un profondo “senso di vuoto”, che l’ha accompagnata per gran parte della propria vita; alcuni portano con sé i primi ricordi legati ad esso, altri non ne ricordano l’origine e credono che faccia parte del loro “carattere”.

Il desiderio di migliorare lo stato dell’umore indica che probabilmente la persona presenta un Disturbo dell’Umore. Nel caso della persona triste o disperata si tratta di depressione o distimia, nel caso della persona con umore ballerino si tratta di disturbo bipolare (molto probabilmente ma non sempre, poichè spesso dietro l’umore instabile si nasconde un Disturbo della Personalità).

Nel DSM-IV TR (Manuale diagnostico dei Disturbi Psichiatrici) i disturbi dell’umore vengono raggruppati nell’Asse I (sindromi cliniche) in due categorie generali:

a) i disturbi depressivi che comprendono il disturbo depressivo maggiore (depressione grave) ed il disturbo distimico (umore depresso costante per la maggior parte del tempo);

b) i disturbi bipolari”, una complessa categoria diagnostica che comprende il disturbo bipolare I, il disturbo bipolare II ed il disturbo ciclotimico.

I disturbi bipolari sono caratterizzati da un’alternanza dell’umore che può variare nei casi più gravi da importanti forme di depressione ad estremi di euforia di tipo maniacale.I Disturbi di Personalità vengono raggruppati nel DSM –IV TR nell’Asse 2, e riguardano la presenza di modalità stereotipate e rigide di relazionarsi agli altri e di rapportarsi alle varie situazioni della propria vita. Tale rigidità ostacola e spesso impedisce il raggiungimento dei propri obiettivi. Spesso chi presenta un Disturbo di personalità presenta anche una Sindrome clinica, quindi un Disturbo dell’Umore.

I Disturbi di Personalità vengono raggruppati in tre gruppi:

1. Gruppo A, contiene le personalità definite “Bizzarre ed Eccentriche”: Paranoide, Schizoide e Schizotipica;

2. Gruppo B, raggruppa le personalità “Drammatiche e Stravaganti”: Antisociale, Borderline, Istrionico, Narcisistico;

3. Gruppo C, contiene le personalità “Ansiose e Timorose”: Ossessivo Compulsivo, Evitante, Dipendente, NAS (non altrimenti specificato).

Ogni disturbo è definito dalla copresenza di alcuni “tratti”.

Per esempio, il disturbo Borderline è definito dal DSM-IV come “una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore ed una marcata impulsività, che compaiono nella prima età adulta e che si presentano in vari contesti”. Per diagnosticare la presenza del disturbo il clinico deve utilizzare particolari criteri.

Nella mia professione di psicologa clinica e psicoterapeuta, oltre che “diagnosticare” un eventuale disturbo facendo riferimento agli strumenti scientifici quali il DSM IV-TR (di cui sopra), utilizzo un approccio “contrattuale” per la risoluzione del problema che la persona mi porta.

Credo profondamente che l’essere umano tenda all’Autorealizzazione.

La ricerca di un aiuto esterno da parte della persona sofferente rappresenta il primo passo nella direzione dell’autorealizzazione. Fin dall’inizio è possibile individuare due forze, entrambi presenti nella persona: la forza regressiva individuabile nei sintomi, che la porta alla distruzione, e la forza positiva data dal bisogno di farsi aiutare che spinge nella direzione opposta, della crescita. Ascoltando attentamente la persona, esplorando i suoi motivi di insoddisfazione e scoprendo i suoi desideri, mi è capitato spessissimo di individuare assieme ad essa le sue mete, oltre che il modo esclusivamente personale di raggiungerle.

Il cammino non è privo di ostacoli; alcuni sono grandi altri più piccoli.

Nella fase iniziale del percorso predomina la parte della persona “regressiva”, carica di sofferenza. Gradualmente la parte regressiva diminuisce per lasciare più spazio alla parte sana, “l’alleato alla crescita” responsabile del benessere. In alcuni momenti la persona fà grandi tratti in avanti, in altri ha la sensazione di tornare indietro. Non c’è mai un tornare indietro, poichè le cadute fanno riposare e anticipano i salti in avanti.

Questo è il cammino a due chiamato lavoro terapeutico (psicoterapia).

Ogni persona realizza un proprio personale cammino; le strade sono infinite e il cliente indica le proprie preferenze; il terapeuta lo aiuta a rimuovere gli ostacoli.

E’ emozionante scoprire l’imprevedibile percorso che ogni persona sceglie, ma ancora più entusiasmante è arrivare alla meta, sapendo che entrambi, cliente e terapeuta, hanno contribuito alla Vittoria.

Anna Loretta Spano

Bibliografia.

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Goulding, R. & M.(1979). Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale. Trad. it. Roma: Astrolabio,1983

Roges,C. Terapia centrata sul cliente, La Nuova Italia, Firenze 1997, traduzione da Client-centered Therapy, 1951

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Roges,C. Partners. Il matrimonio e le sue alternative, Astrolabio, Milano 1976, traduzione di Augusto Menzio da Becoming Partners. Marriage and its alternatives, 1972

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Roges, C. Un modo di essere, Martinelli, Firenze 1983, traduzione di Mauro Bonacci da A Way of being, Boston, 1980

Roges,C. Da persona a persona. Il problema di essere umani, Astrolabio, Roma 1987, traduzione di Salvatore Maddaloni da Person to person. The problem of being human. A new trend in psychology, 1967, con Barry Stevens

Psicologo, psicoterapeuta, psichiatra, neurologo, quali differenze?

Chi è e cosa fa lo psicologo

Per diventare Psicologo è necessaria una laurea di cinque anni in Psicologia presso un’università italiana, un tirocinio della durata di un anno, effettuato con la supervisione di un tutor-professionista iscritto all’Ordine e il superamento dell’Esame di Stato che consente l’iscrizione all’Ordine degli Psicologi (Albo sezione A) e l’accesso alla professione. Lo Psicologo, come richiesto dal Codice Deontologico, aggiorna continuamente la propria formazione ed utilizza soltanto le tecniche e le conoscenze per le quali ha ottenuto adeguata formazione. La professione di Psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, il sostegno psicologico, l’abilitazione e la riabilitazione, rivolti alle persone, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito. Lo Psicologo opera nel settore privato (come libero professionista, in strutture sanitarie private e/o convenzionate, in aziende e società di consulenza), nel privato sociale (in associazioni, cooperative, fondazioni, ONG) e nel settore pubblico (Aziende Sanitarie Locali, Ospedali, Comuni, Province, Regioni ed altri Enti locali). Per accedere alle Aziende Sanitarie e Ospedali Pubblici come consulenti è sufficiente il titolo di Psicologo, mentre si può accedere come dipendenti solo se in possesso di un’ulteriore specializzazione di quattro anni e attraverso il superamento di un concorso. Lo Psicologo non può fare Psicoterapia (a meno che non sia specializzato in psicoterapia) e in nessun caso può prescrivere psicofarmaci.

Chi si rivolge allo psicologo

Lo Psicologo è formato e preparato per il primo ascolto, valutazione, diagnosi, orientamento e supporto, riguardo a tutti i disagi e disturbi psicologici, ed è la principale figura di riferimento per tutti coloro che vedono compromessa la propria salute psicologica. Lo Psicologo, dopo l’analisi del problema e tutti gli accertamenti del caso, può intervenire direttamente tramite tecniche di consulenza o indirizzare miratamente verso i professionisti specialisti più adatti, come nel caso della psicoterapia per i disaggi psichici che necessitano di tale tipologia di trattamento. Lo Psicologo è la figura di riferimento professionale anche per tutti coloro che desiderano monitorare e migliorare il proprio benessere psicologico, potendo essere di aiuto nell’ottimizzazione della qualità della vita, nel supporto alle normali crisi di crescita o nell’adattamento agli eventi più significativi quali i cambiamenti di vita. Si possono rivolgere allo Psicologo le persone che desiderano ridurre lo stress relativo alla dimensione lavorativa, comprendere e risolvere i normali conflitti relazionali; inoltre tutti coloro che vogliono aumentare generalmente il senso di consapevolezza riguardo alla loro vita e alla realizzazione di se stessi. Lo Psicologo può essere di aiuto ad imprenditori e aziende per le problematiche relazionali e organizzative e per la migliore gestione dei gruppi. Un altro ambito di competenza è l’applicazione nello sport e nella preparazione psicofisica degli atleti. Per tutti questi motivi allo Psicologo si possono rivolgere singoli cittadini, servizi sociali, scuole, cooperative sociali, consultori familiari, tribunali, istituti bancari, istituti di pena, istituti di ricerca, studi legali, gruppi sportivi etc.

Cosa e’ l’ordine degli psicologi

L’Ordine degli Psicologi tutela gli interessi del cliente e promuove la qualità del lavoro del professionista anche attraverso l’applicazione del Codice Deontologico (codice che stabilisce le regole che tutti gli psicologi sono tenuti a rispettare per una buona pratica); inoltre cura la tenuta e l’aggiornamento dell’Albo in cui sono iscritti tutti gli Psicologi italiani. L’Ordine degli Psicologi è anche a disposizione dell’utenza per la segnalazione di casi di abuso della professione di Psicologo. Può esercitare la professione di Psicologo e definirsi “Psicologo” solo chi è iscritto all’Ordine degli Psicologi.

LA FIGURA E LE FUNZIONI DELLO PSICOTERAPEUTA

Come si diventa psicologo psicoterapeuta

Per svolgere l’attività di Psicoterapia, lo Psicologo deve diplomarsi presso una Scuola di Specializzazione Universitaria oppure presso una Scuola di Specializzazione Privata riconosciuta dal Ministero competente (la cui durata è di almeno quattro anni). Gli Psicologi-Psicoterapeuti possono svolgere attività di psicoterapia individuale, di coppia, familiare e di gruppo.

Chi e’ lo psicoterapeuta

Lo Psicoterapeuta è uno Psicologo o un Medico abilitato anche a svolgere attività di Psicoterapia dopo aver frequentato un’ulteriore scuola di specializzazione quadriennale riconosciuta dallo Stato (molti Psicoterapeuti proseguono la propria formazione attraverso supervisioni con professionisti più esperti). Lo Psicologo-Psicoterapeuta non prescrive farmaci, utilizza come strumenti la relazione, l’ascolto e la parola. Esistono differenti approcci in Psicoterapia, da cui derivano alcune differenze nelle modalità di intervento.

Chi si rivolge allo psicoterapeuta

Lo Psicoterapeuta, se specializzatosi dopo la laurea in Psicologia, è in grado di offrire tutte le importanti prestazioni dello Psicologo e, tramite la sua formazione specialistica, può intervenire con tecniche particolari e in condizioni particolari (setting) su disturbi psichici anche intensi e cronici; inoltre ha la più adeguata preparazione per il trattamento dei disturbi della personalità. Si possono quindi rivolgere allo Psicoterapeuta persone che soffrono, per esempio, di invalidanti disturbi d’ansia, dell’umore, dell’alimentazione, sessuali etc. Lo Psicoterapeuta può collaborare con lo psichiatra (il cui ruolo è quello di prescrivere i farmaci adeguati) per la parte psicologica al supporto e al trattamento di disturbi psichiatrici come le psicosi etc. Lo Psicoterapeuta è un valido aiuto per la risoluzione di eventuali traumi psicologici e per la rimozione degli ostacoli che impediscono la normale espressione della maturità psicologica, sbloccando la crescita dell’individuo. Generalmente il percorso psicoterapeutico riveste un’importanza fondamentale nella ristrutturazione di se stessi; il rapporto terapeuta-paziente, il luogo e le modalità di svolgimento del trattamento, gli elementi importanti quali la durata e la frequenza degli incontri, nonché l’intimità dei contenuti condivisi, richiedono al paziente un investimento di tempo, serietà, costanza e impegno adeguati al raggiungimento degli obiettivi e alla delicatezza del compito.

LO PSICHIATRA

Come si diventa Psichiatra

Lo Psichiatra è un laureato in Medicina che successivamente ha conseguito una specializzazione in Psichiatria con una formazione di base prevalentemente “medicofarmacologica”.

Chi è lo Psichiatra

Lo Psichiatra è un medico che si occupa di quella branca della medicina che ha per oggetto la diagnosi, la prevenzione e la terapia delle malattie mentali (schizofrenia, depressione etc.). Lo Psichiatra prescrive psicofarmaci, cosa che non fa uno Psicologo o uno Psicologo-Psicoterapeuta.

IL NEUROPSICHIATRA INFANTILE

Come si diventa Neuropsichiatra infantile

Il Neuropsichiatra infantile è un laureato in Medicina che successivamente ha conseguito una specializzazione in Neuropsichiatria Infantile.

Chi è il Neuropsichiatra infantile

E’ un medico che cura le patologie d’organo del sistema nervoso e i disagi mentali dei bambini e degli adolescenti fino ai 16 – 18 anni. Competenze specifiche del Neuropsichiatra infantile sono ad esempio le convulsioni infantili, l’epilessia, ma anche l’autismo, le psicosi, le nevrosi.

IL NEUROLOGO

Come si diventa Neurologo

Il Neurologo è un laureato in Medicina che successivamente ha conseguito una specializzazione in neurologia.

Chi è il Neurologo

E’ un medico con una formazione specificamente rivolta alla diagnosi, alla cura e alla prevenzione delle malattie del Sistema Nervoso Centrale e Periferico (traumi, ictus, tumori, Morbo di Parkinson, Morbo di Alzheimer, Sclerosi multipla, Epilessia, malattie ereditarie e congenite, neuropatie periferiche, malattie muscolari etc.).

CRITERI PER VALUTARE LA PROFESSIONALITA’ DI UNO PSICOLOGO/PSICOTERAPEUTA

• Iscrizione Albo degli Psicologi: verificabile presso l’Ordine degli Psicologi della Regione di iscrizione oppure sul sito dell’Ordine Nazionale degli Psicologi (www.psy.it).

• Iscrizione all’elenco degli Psicologi-Psicoterapeuti (per gli Psicologi che offrono Psicoterapia): verificabile presso l’Ordine degli Psicologi della Regione di iscrizione.

• Rispetto delle normative sulla Privacy: lo Psicologo deve far firmare al cliente una dichiarazione di autorizzazione al trattamento dei dati sensibili ed eventualmente rilasciarne copia.

• Richiesta del consenso firmato da parte di chi usufruisce della prestazione di Sostegno Psicologico o di Psicoterapia.

• Richiesta del consenso firmato da parte di entrambi i genitori nel caso di prestazioni offerte a minori.

• Rispetto delle tariffe massime definite dal tariffario.

• Rispetto del Codice Deontologico.

• Lo Psicologo non deve avere con le persone con cui lavora relazioni di natura privata che possano interferire con l’attività professionale.

• Rispetto del segreto professionale e dei suoi limiti.

• Definizione chiara dei compensi e delle regole d’incarico.

• Rilascio di documentazione fiscale del pagamento (fattura/ricevuta).

• Livello adeguato di preparazione e costante aggiornamento professionale.

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